Il risparmio degli italiani è la vacca da mungere

IL RISPARMIO DEGLI ITALIANI – Il governo di Matteo Renzi ha ufficialmente trovato la sua vacca da mungere: il risparmio degli italiani. Dopo l’innalzamento dell’aliquota al 26% sulle cosiddette “rendite finanziarie” (che in realtà sono “investimenti”) in vigore dallo scorso luglio, misura confermata con il nuovo disegno di Legge di Stabilità, questo stesso ddl ora colpisce le tasche degli italiani in altri due asset importanti: i fondi pensioni e le polizze vita. Andiamo con ordine. Il disegno di legge sulla Stabilità, approvato a metà ottobre dal Consiglio dei ministri, infatti, aumenta la tassazione sui rendimenti dei patrimoni: dall’11 al 20% per i fondi e dal 20 al 26% per gli enti privati. Nel primo caso, la previsione è messa ben in evidenza all’articolo 44 del ddl. Nel secondo caso, invece, è la mancanza di un esplicito riferimento «all’armonizzazione della tassazione» promessa da un precedente provvedimento che dal 1° gennaio 2015 farà diventare definitivo l’innalzamento al 26%. Per il “secondo pilastro”, e per il sogno che anche in Italia decolli finalmente la previdenza integrativa, si tratta di una doccia fredda. Il ddl 66/2014 (convertito nella legge 89/2014) aveva previsto un aumento delle rendite finanziarie dall’11% al 11,5%. Il governo, invece, fa balzare in avanti di ben 9 punti percentuali l’aliquota. In base all’ultima relazione della Covip, a fine 2013 le risorse accantonate nella previdenza integrativa destinate alle prestazioni erano pari a 116 miliardi e hanno avuto un rendimento medio del 5,4%. Prendendo come riferimento questi due valori, il conto presentato ai fondi dall’esecutivo si aggira intorno ai 500 milioni di euro in più rispetto al passato.

GIRO DI VITE FISCALE – Ancora, il disegno di legge dispone che sui redditi derivanti dalle rivalutazioni dei fondi per il trattamento di fine rapporto e dai rendimenti attribuiti ai fondi di previdenza sarà applicata l’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi non più dell’11%, ma del 17%. Il giro di vite fiscale firmato Renzi non risparmia le assicurazioni sulla vita. Attualmente, a norma dell’articolo 34 del dpr n. 601/1973, il capitale versato dalla compagnia in seguito al decesso dell’assicurato è esente da Irpef (né si applica l’imposta sulle successioni). La modifica proposta dal governo inserisce ora in tale disposizione un inciso che lega l’esenzione Irpef al fatto che le polizze siano stipulate «a copertura del rischio demografico». In questo modo la norma sembra chiudere le porte dell’agevolazione a tutti quei contratti che, pur recando formalmente l’intestazione di assicurazione sulla vita, presentano in realtà una componente finanziaria più o meno marcata: per esempio le unit-linked e index-linked. La novità troverà applicazione per i proventi percepiti a far data dall’1 gennaio 2015. Ma oltre al danno Palazzo Chigi ha riservato ai risparmiatori italiani anche la beffa. L’aumento delle tasse sulle rendite finanziarie doveva servire alla restituzione dei famosi 80 euro Irpef, che loro volta dovevano servire a far ripartire i consumi. Naturalmente i consumi non sono affatto ripartiti, ma nel frattempo le tasche degli italiani sono state tosate.

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