Le sfide Vanguard e Ubs: promotori, state attenti

UN ANNO D’ORO PER I PROMOTORI FINANZIARI – Il 2014 è stato davvero un anno d’oro per i promotori finanziari. Un anno ricco di soddisfazioni per la categoria che ha conseguito risultati crescenti dal punto di vista della raccolta e che rappresenta oggi il vero motore propulsivo della diffusione nel nostro Paese del risparmio gestito. La riscoperta dei promotori finanziari da parte delle banche di qualsiasi stazza, dopo che per anni i pf sono stati snobbati dagli amministratori delegati e dai soloni delle società di consulenza; questa riscoperta – diciamo – suona come una rivincita per tutto il mondo della promozione finanziaria. L’unica partita persa – almeno finora – dalla categoria è stata quella su cambio di denominazione da promotori in consulenti: ma il 2015 è appena iniziato e c’è tempo per raggiungere un risultato dovuto e voluto fortemente da Anasf e Assoreti. Italia a parte, però, i promotori finanziari dovrebbero riflettere bene su come potrà cambiare davvero il loro lavoro. Non solo e non tanto con l’introduzione della Mifid 2 e con l’avvento della consulenza remunerata, che per anni in Italia è stata una chimera. I cambiamenti reali, infatti, al di là delle leggi sono già iniziati e possono avere un impatto devastante.

DUE OTTIMI ESEMPI
– Due ottimi esempi vengono da Ubs e Vanguard. La prima è la grande banca svizzera che sotto l’attenta guida di Sergio Ermotti ha riposizionato con successo il suo business sul wealth management; il secondo è il gigante americano della cosiddetta gestione passiva (etf), fondato dal mitico Jack Bogle e oggi guidato da Bill McNabb. Ebbene, Ubs anzitutto s’è rivolta alla Sqreem Technologies di Singapore per fornire ai suoi consulenti finanziari supporti di intelligenza artificiale. Estraendo ed “esplodendo” tutta una serie di dati dal parco-clienti, Sqreem Technologies offrirà agli advisor di Ubs moltissime informazioni su misura della loro clientela, che potranno essere veicolate su tutti i devices mobili. Vanguard, invece, ha deciso di fare concorrenza diretta agli advisor americani perché col nuovo anno offrirà consulenza finanziaria ai sottoscrittori dei propri fondi facendo pagare solo lo 0,3% degli asset rispetto all’1% medio praticato ai clienti dai promotori a stelle e strisce. Vanguard ha già “spaccato” il mercato dei fondi a gestione attiva con gli etf e nel 2014 ha avuto una raccolta record, anche grazie alla crisi di Pimco. Se a questi segnali di forte cambiamento si aggiunge la crescita costante dei “robo-advisor” negli Stati Uniti, si capisce bene perché i promotori finanziari al di qua dell’oceano non possono dormire sonni tranquilli, meno che mai riposare sugli allori di anni eccezionali. Il pricing, in futuro, farà la differenza anche nella consulenza: alcune retrocessioni di prodotti del risparmio gestito sono francamente eccessive. E la performance? Ci sono giocatori di scacchi che battono i computer. Ma sono pochissimi e ce la fanno solo quelli che si allenano tantissimo.

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