Dollaro lontano dalla parità con l’euro

EURO/DOLLARO VERSO LA PARITA’? – Da maggio 2014 l’euro ha continuato a deprezzarsi senza sosta rispetto al dollaro americano. La scorsa primavera la quotazione del cambio era in area 1,40, mentre a marzo di quest’anno si è spinta sotto 1,05. In 10 mesi i prezzi sono quindi scesi di oltre 3.500 pips, una velocità di movimento ben al di sopra della media. Come sempre succede in questi casi, più un trend prende forza e consistenza, più le persone tentano di cavalcarlo fornendo le proprie previsioni, domandandosi se verrà davvero raggiunta la parità.

LA RISPOSTA E’ NO: ECCO PERCHE’ – “La mia risposta è no”, afferma Alessandro Bonetti, trader sul mercato dei cambi e fondatore, insieme al fratello Stefano, della Bonetti Financial, società di gestione patrimoniale con sede in Svizzera. “Iniziamo a prendere in considerazione il fatto che i principali operatori istituzionali avevano iniziato a vendere euro contro dollaro nella prima metà del maggio 2014 e, settimana dopo settimana, avevano accompagnato il ribasso della quotazione incrementando il loro posizionamento short spingendosi, ad inizio febbraio 2015, fino quasi a pareggiare il record storico di contratti aperti in vendita”. Se effettuiamo la stessa analisi sul dollaro, “notiamo come, a partire dal giugno 2014, gli operatori istituzionali abbiano iniziato ad accumulare costantemente il biglietto verde arrivando, nelle ultime settimane, a segnare il nuovo record storico di contratti aperti in acquisto di dollari contro euro per un ammontare che supera del 50% il precedente record”.

PRESE DI PROFITTO IN ARRIVO – Ciò significa che, nella storia, il momento precedente ad oggi durante il quale la divisa statunitense era stata comprata nella maniera più aggressiva da parte degli operatori istituzionali, il numero di contratti long era comunque inferiore del 50% rispetto ai valori odierni. “Analizzando i numeri emerge che tra gli operatori istituzionali attualmente a mercato sull’euro, ben il 70% sono short e tra quelli a mercato sul dollaro addirittura il 93% sono in acquisto”, prosegue Bonetti. Questo rende sempre più difficile pensare che nuovi operatori possano iniziare a comprare dollari, dal momento che quasi tutti già lo stanno facendo, al contrario diventa ogni settimana più probabile che qualcuno inizi a prendere profitto, generando così un rintracciamento importante rispetto al trend rialzista del biglietto verde.

L’INDICE BONETTI – La stessa informazione la possiamo trarre anche dall’analisi dell’indice Bonetti, un indicatore proprietario studiato dalla casa svizzera, con lo scopo di misurare i flussi di capitale tra mercato europeo e mercato statunitense. “Questo indice tende ad avere un andamento molto simile a quello del cambio eur/usd, tuttavia da dicembre di quest’anno si è rilevata un’importante divergenza rialzista, se confrontato con l’andamento del cambio di riferimento. Analizzando invece le opzioni, strumento estremamente utile nel determinare le tempistiche di un’analisi più ampia come quella fatta poco fa, si nota un importante posizionamento ribassista degli operatori per la scadenza di aprile (17-04), che sembrano non aspettarsi rialzi che superino area 1.1200 e, per questo motivo, la nostra strategia operativa per questo periodo continua ad essere quella di vendere sui rialzi, ove si presentino forti conferme grafiche”. Scadute le opzioni di aprile lo scenario potrebbe invece cambiare radicalmente in quanto, alle considerazioni sopra riportate, si aggiunge la presenza di “un’operazione per oltre 2 miliardi di dollari comparsa sulla tabella delle opzioni di gennaio 2016, che porta a ritenere difficile una discesa sotto area 1.035/1.04”. Osservando il quadro nel suo insieme quindi, “salvo eventi di forte impatto, in primis l’uscita della Grecia dall’euro, ritengo che il mercato abbia già ampiamente scontato le divergenze di politica monetaria tra FED e BCE, per questo il momento in cui bisognerà tornare a comprare euro e vendere dollari potrebbe essere molto vicino”, conclude Bonetti.

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