La crisi turca non vede segnali di miglioramento

TURCHIA SEMPRE PIU’ IN CRISI – Se Atene piange, Ankara non ride di certo. Finora la lira turca ha perso il 16% contro dollaro da inizio anno (il calo più marcato dal 2001) e le cose non sembrano destinate a migliorare tanto presto, mentre famiglie e imprese hanno aumentato la percentuale di depositi in valuta estera al 43% del totale dei depositi, un livello che non si toccava da oltre dieci anni secondo gli ultimi dati ufficiali rilasciati dalle autorità bancarie e di mercato turche. Del resto a distanza di due mesi dalle inconcludenti elezioni del 7 giugno scorso i partiti turchi non sono ancora riusciti a formare una coalizione in grado di dare un governo al paese, mentre crescono i timori per la sicurezza legata agli scontri in atto con la minoranza curda e con l’Isis ai confini con la Siria.

LE TENSIONI ALLONTANANO GLI INVESTITORI – Un conflitto, quest’ultimo, che vede Ankara in una doppia veste di avversario del movimento integralista ma anche, secondo le accuse rilanciate di recente dal presidente russo Vladimir Putin, di suo neppure troppo segreto sostenitore indiretto, in quanto Isis e curdi sono a loro volta impegnati in scontri sul terreno. Tutto questo non fa che aumentare i timori degli investitori internazionali, che sono risultati venditori netti per 4 miliardi di dollari di titoli di stato turchi da inizio anno, il massimo dal 2013, portando i rendimenti sul bond a 2 anni all’1,96%, il livello più elevato tra i venti principali mercati emergenti.

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