Ecco perché conviene investire in vino

COME INVESTIRE IN VINO – Alla pari dell’oro e dei diamanti anche il vino è diventato un bene rifugio soprattutto in periodi di crisi economica. È un’ottima forma d’investimento de-correlata dai mercati finanziari e dal ciclo economico. Gli utili derivanti dalla vendita sono esenti da imposte di ogni tipo. A differenza di altri beni rifugio che vengono anche collezionati (orologi, opere d’arte, francobolli, eccetera) il vino viene consumato ed è quindi anche un bene di consumo di lusso. L’investimento in vino può avvenire in tre modi: acquisto diretto di bottiglie pregiate, acquisto di quote di fondi comuni che investono in vino, acquisto di azioni di società quotate legate al settore vinicolo.

I DUE COMPARTI – Il mercato mondiale del vino si divide in due comparti: quello dei vini da consumo e quello dei vini da investimento. Nel 2014 gli investimenti nel settore del vino italiano sono cresciuti del 10% a 264 milioni, con ricavi del +1,4%, un export salito del 2,8% e con un mercato interno stabile. Gli spumanti, in particolare, confermano il trend positivo del 2013 e “guidano la crescita con un +4,1% sospinti dall’estero (+6,2%) “.

OUTLOOK – Le previsioni per il 2015 sono di sostanziale tenuta delle vendite. I dati riguardano le 122 principali aziende italiane i cui bilanci, alla vigilia di Vinitaly, sono stati analizzati dall’area studi di Mediobanca. E poi c’è la Borsa, che in Italia rimane quasi un tabù con un’unica quotazione: quella dell’Italian Wine Brands controllante della Giordano Vini avvenuta nel mese di gennaio e un titolo rimasto da allora molto stabile.

L’AFFARE DEL VINO – Chi nel mondo ha investito nel vino ha fatto (in genere) un ottimo affare: dal gennaio 2001 a fine 2014 l’indice dei mercati azionari mondiali dei titoli di settore è cresciuto del 336,5%, ben al di sopra delle Borse mondiali che hanno segnato un più modesto progresso dell’87%. Secondo l’analisi elaborata da Mediobanca, le migliori performance dei titoli vinicoli sono state ottenute in Nord America (+447%) e Francia (+74%) mentre il mercato australiano ha ceduto il 17%, il Cile il 30% e la Cina ben il 65%, sfatando il mito che ogni investimento del settore del vino nell’area di Pechino e Shanghai sia per forza un successo.

Marco Mazzoni, presidente Magstat Consulting

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