Krautzberger (BlackRock): “I tassi a zero? Puntare sui bond”

Da qualche settimana, nel lungo cursus honorum di Michael Krautzberger (nella foto), responsabile del team Euro Fixed Income di BlackRock, c’è una onorificenza in più. È quella conferitagli da Morningstar, che lo ha premiato alla fine di aprile come il miglior gestore obbligazionario europeo del 2016, nella settima edizione degli European fund manager of the year awards. In questa intervista rilasciata a BLUERATING, il gestore obbligazionario dell’anno spiega come lui e il suo team vedono oggi le prospettive della politica monetaria e del settore dei titoli a reddito fisso nell’Eurozona, dove i tassi d’interesse sono ridotti al lumicino e dove è sempre più difficile ottenere rendimenti consistenti puntando sui bond. Dopo aver elogiato gli sforzi riformatori dei paesi europei “periferici”, Italia compresa, Krautzberger spiega le strategie del BSF European Select Strategies, il fondo che BlackRock ha lanciato nell’autunno scorso per offrire un’alternativa a chi, con il costo del denaro al tappeto, oggi va a caccia di alternative rispetto agli investimenti più tradizionali nel mercato dei titoli a reddito fisso.

Molti investitori oggi si sentono smarriti di fronte alla divergenza presente nelle politiche monetarie internazionali, con la Banca Centrale Europea che è ancora impegnata ad attuare il quantitative easing mentre la Federal Reserve americana si appresta già a rialzare i tassi, seppur lentamente. Lei non vede rischi di instabilità all’orizzonte? Innanzitutto, direi che che questa divergenza tra le politiche delle banche centrali non è un rischio, bensì una semplice necessità. In che senso?
Negli anni scorsi, la Bce ha sempre attuato delle politiche monetarie troppo restrittive rispetto ad altre banche centrali, che hanno realizzato il quantitative easing benché nei loro paesi vi fossero prospettive di crescita più robuste che in Europa. Oggi, vista la diversa velocità tra l’economia statunitense e quella del Vecchio Continente, sarebbe invece opportuno che vi fosse un ulteriore rallentamento dello stimolo monetario attuato dalla Federal Reserve. ù

Dunque, in Europa dovremmo augurarci che la Fed si decida finalmente ad alzare il costo del denaro…
Non c’è dubbio che un ulteriore innalzamento dei tassi da parte della Fed aiuterebbe la Bce, in quanto impedirebbe all’euro di rafforzarsi troppo e di rallentare quindi la ripresa economica dell’Eurozona.

Nel 2017, però, anche il quantitative easing della Bce giungerà al termine. E c’è chi è preoccupato riguardo gli scenari che si apriranno in Europa, quando la banca centrale non avrà più cartucce da sparare…

Ci aspettiamo che l’attuale contesto di tassi bassi in Europa sia destinato a durare per diversi anni. In ogni caso, la Bce non cesserà il quantitative easing improvvisamente, ma cercherà di ridurre gli acquisti mensili in maniera graduale, con modalità simili a quelle adottate dalla Fed. Inoltre, una potenziale riduzione del Qe sarà effettuata soltanto se l’economia europea continuerà a dare segni di ripresa e i rischi di disinflazione o di deflazione nel Vecchio Continente diminuiranno. In uno scenario di ripresa economica positiva, anche se debole, un’eventuale riduzione del quantitative easing supporterebbe le obbligazioni governative dei paesi periferici, il credito e le obbligazioni inflation-linked, dato che le aspettative sul futuro tasso d’inflazione dovrebbero iniziare a salire. Si tratterebbe di uno scenario non favorevole al Bund tedesco, i cui rendimenti potrebbero alzarsi.

Quali sono, invece, le prospettive dei titoli di stato dei cosiddetti paesi periferici, in particolare dei Btp italiani?
L’Italia ha attuato misure importanti e necessarie per rendere il paese più competitivo, anche se lo ha fatto un po’ più tardi degli altri. Alcune riforme, come per esempio quella del mercato del lavoro e quella costituzionale, sembrano promettenti e segnano importanti passi in avanti. Ci sono poi altre nazioni come come l’Irlanda e la Spagna che, negli ultimi anni, hanno realizzato riforme importanti e sono riuscite a chiudere significativamente quel gap di competitività che esisteva fino a qualche anno fa con i cosiddetti paesi core dell’Europa.

Dunque, cosa dobbiamo aspettarci per gli spread?
Nel complesso, siamo ottimisti sulle prospettive dei paesi periferici. Credo che il modo per beneficiare di ulteriori passi in avanti di queste nazioni sia scommettere su un ulteriore compressione dello spread, sulla parte più lunga della curva del rendimento. Attualmente infatti le curve dei rendimenti dei paesi periferici sono sono troppo ripide rispetto a quelle di altre nazioni come la Germania, l’Olanda e la Francia.

Nel settore obbligazionario, verso quali paesi si indirizzano nello specifico le vostre preferenze?

Diciamo che non basta essere positivi su un un paese in particolare. Per ciascuno infatti occorre analizzare le dinamiche interne che impattano sulle valutazioni. In Francia per esempio riteniamo che i tassi a 10 anni siano troppo cari mentre la parte lunga della curva dei rendimenti è molto interessante. In Spagna invece pensiamo che le obbligazioni governative offrano valore mentre riteniamo che i covered bond (cioè le obbligazioni garantite da attività sottostanti, n.d.r.) abbiano prezzi abbastanza elevati. Ripeto: tutte le nazioni periferiche si sono mosse molto bene negli ultimi anni e stanno compiendo i passi giusti per migliorare ulteriormente la loro posizione, anche se ci sono alcuni rischi all’orizzonte come le elezioni in Spagna e il referendum sulla Brexit (cioè sull’eventuale uscita della Gran Bretagna dall’Ue, n.d.r.). Quest’ultima consultazione elettorale può avere ripercussioni sull’Irlanda, che è uno dei partner strategici del Regno Unito.

Oggi gli investitori del settore obbligazionario si trovano a confrontarsi con uno scenario caratterizzato dai tassi d’interesse a zero, dove è sempre più difficile ottenere rendimenti consistenti con i titoli a reddito fisso. Come bisogna comportarsi?
Dopo la crisi finanziaria globale, gli investitori europei del settore obbligazionario si sono trovati ad affrontare un dilemma: conviene mantenere gli investimenti attuali accettando rendimenti più bassi, o è bene cercare alternative, assumendo rischi maggiori? Proprio per dare una risposta a questo interrogativo e soddisfare questo nuovo bisogno, BlackRock ha lanciato il fondo BSF European Select Strategies. L’obiettivo è offrire agli investitori l’opportunità di accedere a rendimenti più alti, attraverso un’allocazione del portafoglio diversificata sui mercati europei, nel settore azionario e in quello obbligazionario, sposando un approccio prudenziale, capace di mitigare i rischi e cogliere contemporaneamente anche le opportunità di guadagno.

In che modo cercate di raggiungere questo obiettivo?
Il fondo BSF European Select Strategies mantiene le caratteristiche tipiche di un portafoglio a reddito fisso di elevata qualità, con la diversificazione, la liquidità e la riduzione della volatilità, unitamente ai vantaggi derivanti da un flusso di rendimenti azionari di alto livello. BSF European Select Strategies ha un portafoglio costituito per il 75% da obbligazioni e per il restante 25% da azioni. La componente azionaria può crescere in certi periodi fino al 35%. La struttura del fondo rappresenta insomma un’evoluzione naturale per gli investitori obbligazionari tradizionali, che desiderano ottenere di più dai loro investimenti.

Qual è oggi la vostra visione sul mercato azionario?
Al momento abbiamo un leggero sovrappeso sulla parte azionaria e siamo eventualmente pronti ad aumentare anche questa posizione, per beneficiare di una potenziale volatilità nei mercati, causata da un rialzo tassi da parte della Fed o legata alle prospettive di una Brexit. Quali titoli preferite sui mercati azionari europei? Il nostro obiettivo, nella parte azionaria del portafoglio, è selezionare azioni di alta qualità e con caratteristiche difensive che completano la quota obbligazionaria di BSF European Select Strategies. Diamo priorità ad azioni con un interessante dividend yield, cioè con un significativo rendimento in termini di dividendi. Guardiamo infatti alle società con dividendi in crescita, ma siamo anche attenti nel selezionare solo quelle aziende in cui il flusso degli stessi dividendi è sostenibile nel tempo. Al momento pensiamo che ci siano opportunità sui titoli finanziari e nel settore delle telecomunicazioni, sia nel mercato azionario che in quello degli emittenti di obbligazioni.

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