Giuliani (Azimut): “Abbiamo 600 milioni”

Aveva ipotizzato persino di spostare la sede del suo gruppo fuori dall’Italia, con un rammarico evidente. Pietro Giuliani (nella foto), fondatore e presidente di Azimut Holding, avrebbe fatto questo passaggio doloroso se le autorità non avessero approvato la complessa riorganizzazione del gruppo che vedrà da qui a poco l’arrivo del primo amministratore delegato “esterno”. Il semaforo verde invece è arrivato liberando circa 600 milioni di euro di cassa e rendendo il gruppo pronto a continuare lo shopping estero, già avviato da anni, che ne fanno l’unica multinazionale italiana del risparmio gestito. E ora Giuliani è pronto alla fase 2 di Azimut.

Con l’ok di Bankitalia alla trasformazione di Cgm Sim in Sgr si è concluso l’iter normativo per la riorganizzazione del gruppo. Quali sono gli effetti da un punto di vista patrimoniale e organizzativo per Azimut?
L’ultima autorizzazione ricevuta a fine maggio da Banca d’Italia ci permette di procedere con il processo di riorganizzazione che darà vita a un modello unico in Italia, in cui gestione e distribuzione saranno integrate non solo da un punto di vista operativo ma anche societario. Questo consentirà di semplificare e razionalizzare la struttura del gruppo in Italia allineandola alle best practices internazionali. Da un punto di vista patrimoniale, uscendo dall’applicazione della CRD IV, potremo utilizzare liberamente i circa 600 milioni di cassa di cui disponiamo sia per acquisizioni, buy back e dividendi. Con questa riorganizzazione si apre una nuova fase che ci consentirà di sviluppare ulteriormente il nostro modello di business, rafforzando la nostra posizione di player di primo piano nel gestito in Italia e all’estero.

Nella presentazione del primo trimestre e in base agli impegni dei manager-soci, esiste un target del titolo di 30 euro nei prossimi 4 anni per non bruciare l’investimento. Oggi il titolo è sotto i 20. Quali sono i driver dell’upside?
La quotazione del titolo Azimut è a nostro avviso ancora troppo bassa in quanto sta scontando l’estrema volatilità del mercato, in particolare quello italiano che da inizio anno ha visto perdere più del 24%. Noi siamo fermamente convinti della solidità e potenzialità di crescita del gruppo e dunque di una prossima rivalutazione del titolo, tanto che con un centinaio di colleghi ad aprile abbiamo acquistato una call avente come sottostante azioni Azimut con prezzo di esercizio sopra i 30 euro e una durata di 4 anni. Quella che per molti può sembrare solo una scommessa è invece la testimonianza della nostra compattezza e del nostro coraggio. Due driver intangibili ma fondamentali per crescere. A questi si aggiungono naturalmente fatti concreti, come l’alta produttività dei nostri financial partner, la varietà della nostra offerta gestionale internazionale, l’essere l’unico player di risparmio gestito italiano che può competere a livello globale.

È ragionevole pensare che concluderete l’anno oltre i 40 mld di aum? Quale target di utile?
Grazie anche ai 432 milioni di euro raccolti a maggio ci avviciniamo ai 40 miliardi di masse complessive che speriamo, anzi, di poter superare entro fine dicembre. Abbiamo tutti gli strumenti per farlo: ottimi professionisti e manager, prodotti e servizi adeguati ad affrontare il contesto dei tassi a zero, idee ed entusiasmo. Naturalmente dobbiamo fare i conti anche con fattori esogeni, come l’andamento dei mercati che per esempio ha particolarmente penalizzato l’utile del primo trimestre. Ritengo però sbagliato fare proiezioni solo su quel dato, sono certo che quello di fine anno tornerà di nuovo alla normalità.

La vostra espansione estera continua e il fuori Italia rappresentava ad aprile il 14% degli aum. Ma quanto è redditizio questo business e quali altre aree sono nel mirino?
Siamo presenti in 15 paesi del mondo e in tutti siamo in utile o stiamo per esserlo. Sarò ripetitivo ma ci tengo a sottolineare che nelle attività internazionali ci muoviamo secondo una logica di crescita di lungo periodo, per questo credo sia riduttivo guardare solo al conto economico e al rendimento degli investimenti fatti che peraltro sono proporzionati ai ritorni. Le opportunità e le sinergie che si sono create non vengono subito espresse dai numeri di bilancio ma esistono e sono reali, come i prodotti di investimento globali che possiamo proporre solo noi in Italia ai nostri clienti o il network di relazioni che mettiamo a disposizione dei nostri clienti imprenditori che vogliono far crescere le loro aziende all’estero. In questo momento siamo concentrati a sviluppare le attività in Australia dove stiamo andando spediti verso l’obiettivo di 5 miliardi di euro di masse (oggi siamo a 2 miliardi) e a rafforzare la presenza nelle aree in cui siamo già presenti come per esempio in Svizzera dove abbiamo recentemente annunciato l’acquisizione di Sogenel Capital Holding grazie alla quale consolidiamo la nostra posizione sul segmento wealth management.

Un’altra vostra area di attività è quella relativa al private equity. Facciamo il punto sui diversi investimenti e le loro prospettive, in chiave anche di sinergia col core business.
Sul segmento siamo presenti da gennaio 2015 con Futurimpresa Sgr. Da quando siamo entrati nel capitale, di cui abbiamo la maggioranza, abbiamo completato 2 deal per un controvalore di quasi 20 milioni di euro, e altre operazioni sono in corso. Nel nostro piccolo vogliamo contribuire a colmare quel gap che l’Italia ha rispetto ad altri Paesi occidentali nel settore del private equity perché il futuro delle nostre aziende passa anche da qui.

Siamo in estate, tempo nel quale – secondo quanto dichiarato – arriverà l’amministratore delegato di provenienza esterna. Cosa significa questo per Azimut nato e cresciuto con la forza interna? Quali saranno le sue deleghe rispetto alle attuali figure apicali?
Significa che il gruppo si avvarrà di nuove competenze e nuove esperienze. Il nuovo amministratore delegato sarà un uomo proveniente dal business dell’asset management che rafforzerà in particolare l’espansione internazionale ed il nostro sviluppo nel settore digitale, operando in sinergia con il management già presente nel gruppo.

Tutte queste novità come possono impattare sul vostro modello?
Negli ultimi anni siamo cresciuti molto, abbiamo spinto sull’innovazione in molti ambiti e acquisito nuove competenze anche grazie all’ingresso di nuovi professionisti (175 inserimenti nelle diverse aree di business solo negli ultimi 15 mesi) ma non abbiamo mai messo in discussione i nostri valori fondanti, primo fra tutti quello della partnership, tenuti ben vivi dai colleghi con più anni di anzianità in Azimut che ci aiutano a trasmetterli anche ai nuovi arrivati. La nostra storia è fatta da persone che scelgono ogni giorno di essere parte di un progetto destinato a durare anche dopo di loro, disposte ad acquistare in 1.111 volontariamente a prezzi di mercato azioni Azimut per i prossimi 48 mesi investendo di tasca propria una media di 600 euro al mese. Non temiamo le novità perché abbiamo una chiara visione del domani e di quello che vogliamo essere.

Esma e Mifid 2. Quali saranno gli impatti pratici di queste due direttive sul lavoro del consulente e del private banker nei prossimi anni?
Sulle linee guida dell’Esma e la direttiva Mifid 2 si discute da mesi, la mia paura è che queste normative e il loro conseguente dibattito stiano creando un po’ troppa confusione e distrazione. Al di là delle richieste normative sono convinto che il lavoro del consulente cambierà perché per affrontare il mercato sarà necessario innalzare il livello di competenze, specializzarsi, e utilizzare ancora di più la tecnologia e le piattaforme che stanno nascendo e nasceranno.

Quali novità di prodotto nella seconda metà dell’anno?
In un contesto di mercato con tassi prossimi allo zero, quando addirittura non negativi, la ricerca di rendimenti obbliga ad orientarsi verso soluzioni ed asset class innovative. La forte capacità di innovare che ci contraddistingue da sempre ci ha portato ad ampliare l’offerta alla clientela con strumenti d’investimento con caratteristiche uniche, anche decorrelate dai mercati finanziari e basate su strategie non convenzionali. Tra questi troviamo Hybrid Bonds, il primo fondo Ucits IV in Europa dedicato interamente alle obbligazioni ibride; Arbitrage e Arbitrage Plus, strumenti con strategia merger arbitrage che investono in titoli azionari di società coinvolte in offerte pubbliche di acquisto già annunciate. Decorrelati dal ciclo economico sono i Cat Bond, ovvero obbligazioni che operando in una logica riassicurativa scommettono sulla possibilità che si verifichi un determinato evento catastrofale e sul livello di danni che questo provocherà su cui puntiamo con il recente lancio di Cat Bond Plus. Non solo asset class alternative ma anche utilizzo di leve tradizionali attraverso modalità innovative: è questa la filosofia del nuovo prodotto appena lanciato, Equity Option, che consentirà un’esposizione all’equity attraverso opzioni. Senza dimenticare il mondo del non quotato che presidiamo anche attraverso IPO club, il fondo chiuso focalizzato sulle medie aziende italiane eccellenti in fase di pre-Ipo e che investirà in obbligazioni emesse da cosiddette pre-booking company.

La comunità finanziaria si pone molte domande sul ruolo e il peso crescenti di BlackRock nel vostro azionariato, giudicato sempre più importante. Mediobanca Securities ha accennato anche alla possibilità di sviluppi futuri più importanti. Può dirci qualcosa al riguardo considerato che BlackRock è il primo asset mgr mondiale?
Solitamente non commento i rumor di mercato né le mosse dei nostri azionisti, ma il fatto che il più grande asset manager del mondo abbia deciso di investire nel titolo Azimut significa che stiamo mantenendo la nostra direzione, quella propria di una growth company. C’è ancora molto potenziale da esprimere nel nostro gruppo e fortunatamente c’è chi lo vede e lo apprezza.

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