Portfolio, un’analisi della fragilità

Contesto di mercato – Nel corso degli ultimi anni le riflessioni volte a cogliere l’attuale contesto economico si sono focalizzate sulle implicazioni derivanti dallo sviluppo tecnologico, definendo inizialmente cupi scenari di stagnazione secolare, riscoprendo un termine coniato già nel 1938 dall’economista americano Alvin Hansen nel libro “Full Recovery or Stagnation?”, e più di recente enfatizzando gli entusiastici effetti della quarta rivoluzione industriale. Al contrario ritengo che l’analisi più lucida sia stata espressa dall’ex governatore della Banca d’Inghilterra Mervyn King, all’interno del suo ultimo libro “La fine dell’alchimia”, edito in Italia da Il saggiatore. Come scrive King “il decennio che ha preceduto lo scoppio della crisi finanziaria del 2007 sembra molto più simile agli anni venti di quanto ci fossimo resi conto. I due periodi sono accomunati da una crescita soddisfacente ma non eccezionale, dall’espansione del settore finanziario e da commentatori che parlano di nuovo paradigma”. “Dopo il 2008”, prosegue King, “sono emersi parallelismi con gli anni trenta. Il crollo del gold standard ha qualche somiglianza con i recenti problemi delle parità di cambio fisse. Il tentativo di tenere insieme l’euro ha prodotto austerità su una scala che non si ricordava più dai tempi della Grande depressione, e in tutta Europa ha condotto all’ascesa di partiti politici estremisti”.

Valutazioni – Non vi sono dubbi sul fatto che le valutazioni dei mercati azionari ed obbligazionari risultino estremamente elevate. Il rapporto price-earning (PE) dell’indice S&P 500, dal 2 gennaio 1973 al 2 marzo 2018, ha avuto un valore medio di 16,75, mentre attualmente, nonostante la recente correzione, è pari a 22,36. Se invece si utilizzasse la metodologia Cape elaborata da Shiller (ovvero si considerassero gli utili degli ultimi 10 anni aggiustati per l’inflazione), il PE ratio sarebbe di 33,41 che, sebbene inferiore al record storico di 44,20 raggiunto nel dicembre 1999, è comunque uno dei valori più alti mai registrati e superiore rispetto al 32,56 del settembre 1929. Con riferimento al mercato obbligazionario lo yield to maturity (YTM) del Bund decennale, dal 2 gennaio 1999 al 1 marzo 2018, ha avuto un valore medio di 2,974, mentre attualmente è pari a 0,64, nonostante la recente correzione e l’inflazione salita a circa l’1,2%.

Razionalità dei mercati – Sono numerosi i casi nei quali i mercati hanno ripetutamente espresso valutazioni sbagliate. Tra questi probabilmente quello più eclatante è relativo al valore del terreno sul quale era costruito il Palazzo Imperiale a Tokyo prima dello scoppio della bolla immobiliare nel 1989, superiore rispetto all’intera California, ovvero con un prezzo per ettaro di oltre un milione di volte più elevato rispetto a quello nello stato americano. Sono altrettanto numerose le situazioni nelle quali i mercati non hanno saputo leggere correttamente il contesto politico-economico. Ad esempio, nonostante la crescente tensione derivante dall’assassinio dell’erede al trono austro‑ungarico, avvenuto a Sarajevo il 28 giugno 1914, nelle settimane antecedenti lo scoppio del primo conflitto mondiale i mercati finanziari non prezzarono minimamente la possibilità di un conflitto militare fino all’ultimatum dell’Austria alla Serbia del 23 luglio, giorno in cui si diffuse il panico.

Razionalità delle bolle – Nel contesto economico sopra descritto da King, a fronte dei limiti della conoscenza e della razionalità dei mercati, caratterizzati tra l’altro da valutazioni ampiamente sopra la media storica e dal rischio derivante dall’imminente riduzione della base monetaria, la riflessione di Keynes sulla razionalità delle bolle (secondo la quale è perfettamente razionale comprare un asset, nonostante la valutazione palesemente elevata, qualora si ritenga di poterlo vendere ad un prezzo ancora maggiore) rappresenta l’elemento che meglio spiega l’attuale comportamento degli investitori.

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