La guerra in Iran e il greggio a 200 dollari

Il Primo Ministro di Israele Ehud Olmert
Alcune considerazioni:

Israele (nella foto il Premier israeliano Ehud Olmert) sta portando avanti una strana apertura nei confronti di nemici storici quali la Siria e Hamas. Hamas sta continuano a sparare missili non stop da Gaza verso il sud di Israele da quando ha scacciato Fatah (il partito politico palestinese e la fazione più importante dell’OLP) un anno fa. La Siria dal canto suo aveva iniziato la costruzione di un reattore nucleare prima che gli israeliani la bombardassero lo scorso settembre. Nelle ultime due settimane, inoltre, Israele ha aperto una tregua con Hamas, rivelando dei negoziati segreti anche con la Siria e spingendo i libanese a fare altrettanto. Gli israeliani stanno forse facendo pace con i nemici secondari per poi potersi concentrare sull’Iran, il nemico strategico numero uno?

Il 6 giugno scorso, il Gabinetto dei Ministri israeliano e l’ex responsabile delle forze armate, Shaul Mofaz, ha definito un attacco verso i siti nucleari iraniani “inevitabile” (affermazione che fece balzare il petrolio di 10 dollari in un solo giorno)

Ancora più preoccupante il fatto che le Forze di cielo di Israele recentemente hanno cominciato a studiare un piano di attacco sull’Iran.
Questo in sintesi il piano di Israele: spiegare al mondo (e soprattutto agli iraniani) di essere pronto ad intervenire militarmente in Iran se le sanzioni economiche imposte allo stato presieduto da Mahmoud Ahmadinejad (nella foto) non dovessero funzionare. Altri invece pensano che l’intervento di Israele è ormai cosa certa.


Conseguenze di un attacco israeliano in Iran

  1. La prima conseguenza di un attacco israeliano (o Statunitense) sarebbe quello di innescare la rappresaglia iraniana.
  2. La prima opzione di contrattacco potrebbe essere quella di bloccare lo stretto di Hormuz, un solco di 21 miglia dove giornalmente transitano il 20% delle forniture di petrolio al mondo. Una seconda opzione potrebbe essere l’attacco dei campi petroliferi in Kuwait, Saudi Arabia e negli Emirati Arabi Uniti (UAE).
  3. A questo seguirebbe un taglio della produzione petrolifere nazionale e infine un probabile aumento dell’attività terroristica attraverso il network di Hamas, Hezbollah, e altri per attaccare le installazioni petrolifere. 

Petrolio

Naturalmente gli effetti più ovvi di un possibile attacco iasrelino in Iran si rifletteranno sul petrolio. Questo ovviamente spingerà l’inflazione più in alto e  in special modo in quei paesi in via di sviluppo che spendono gran parte del loro bilancio per la bolletta energetica.

Ma anche se il balzo del petrolio potrebbe essere violento, certamente il suo effetto non potrà che esere di breve durata.

Nei primi due mesi della Guerra del Golfo, i prezzi del petrolio raddoppiarono. Ma quattro mesi dopo la conclusione del conflitto, tornarono ai livelli precedenti all’attacco. Quello che si evince dalla tabella, è che gli shock nell’offerta hanno un impatto diverso sui prezzi. Certo l’eventuale conflitto in Iran porterebbe allo stop della produzione più importante tra quelli degli ultimi venti anni, ma comunque di breve durata.

Inoltre, un’eventuale taglio della produzione da parte dell’Iran, spingerebbe altri paesi del Golfo ad aumentare la produzione.

Effetti dei principali shocks petroliferi negli ultimi 40 anni

Questi paesi sono spaventati (come Israele) dell’attuale politica nucleare iraniana. Indicativo è infatti il silenzio dimostrato dai paesi arabi al bombardamento dei reattori siriani da parte di Israele. La Siria infatti è allineata con l’Iran e molti sperano che Israele tagli sul nascere le ambizioni nucleari iraniane.

Un secondo elemento da considerare è che un shock dei prezzi del greggio comporterebbe quasi sicuramente uno shock all’economia mondiale. E nessun paese mediorientale vuole questo.

Quali effetti?

Un attacco riuscirebbe a distruggere l’arsenale nucleare iraniano? Probabilmente Si. Dovrebbe attaccare Israele? Questa riposta è più complicata.

Il completo successo dell’operazione del 1981 in Iraq (quando venne attaccato e distrutto il sito nucleare di Osirak) da ampie garanzie circa un successo anche per questa seconda operazione.

Nella migliore delle ipotesi, però, il raid di Israele avrebbe come unico risultato di ritardare gli ambiziosi progetti nucleari dell’Iran.

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