La Cina non festeggia con Wall Street

Con un economia in fase di rallentamento, con un tasso di crescita che si avvicina sempre di più alla cifra singola e che segna un +10.1%, con l’inflazione che non scende sotto il 7% la Cina si trova a dover prendere decisioni molto importanti. La borsa cinese, perfetto termometro della situazione, anche questa mattina non trova temi da festeggiare e continua a stazionare sui livelli vicini a minimi dell’ultimo anno a -50% dal dicembre 2007.

Non si sono ancora spenti gli echi dei festeggiamenti di ieri sera, accompagnati da un rialzo record dei titoli bancari americani, che è già tempo di tornare a parlare dei problemi del settore bancario ed in particolare di quello cinese che rischia di ripercorrere gli stessi errori commessi dalle banche d’affari internazionali.

Con il renminbi che si continua ad apprezzare gradualmente e senza scossoni rispetto al dollaro, con un favorevole differenziale di tassi d’interesse offerti dalla Cina rispetto all’area dollaro e con i Buoni del Tesoro cinesi che rendono quasi il 2% in più rispetto ai Treasury Bonds americani, le banche cinesi, messe da tempo sotto pressione dal governo con una serie di richieste di aumento delle riserve obbligatorie, hanno finito per assumersi rischi “occidentali” per poter garantire una adeguata remunerazione dei capitali che continuano ad affluire da tutto il mondo. E questi rischi cominciano a destare serie preoccupazioni.

Perché il rischio vero non è solo quello di “bucare” i requisiti patrimoniali imposti dal locale organo di vigilanza, ma è soprattutto quello di dover remunerare capitali di tutto il mondo che non entrano nel ciclo produttivo e generano inflazione contribuendo allo stesso tempo al deprezzamento delle proprie riserve in dollari che perdono giornalmente di appetibilità per il resto del mondo.

Non è un segreto che alcuni dei maggiori fondi sovrani stiano riducendo la propria esposizione al dollaro, dopo aver finora giocato un ruolo di primo piano nel ricapitalizzare le banche statunitensi, travolte dalla crisi dei mutui subprime, con investimenti che non si sono rivelati redditizi.

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