Mercati Asiatici: Hello, Dolly!

Per il momento non ci sono rischi particolari per le trivelle e per le piattaforme petrolifere off-shore che si prevede possano continuare ad operare regolarmente, ma diverse compagnie estrattive a titolo precauzionale hanno temporaneamente rallentato il pompaggio di greggio e gas naturale, in alcuni casi anche sospendendolo, con un taglio complessivo del 5 per cento rispetto alla normale produzione.

Con questo scenario, solitamente pessimo per il prezzo del petrolio, le quotazioni al posto di crescere sono calate. Saranno servite a qualcosa le reiterate minacce ricevute dai “cattivi” speculatori e le promesse di intervento regolamentare sulle speculazioni ?

Ieri sera i titoli finanziari americani nonostante le colossali perdite dichiarate, hanno festeggiato con una serie di rialzi record e l’Asia (a parte la Cina che come al solito va per la sua strada) questa mattina si è accodata ai festeggiamenti.

Saranno serviti anche in questo caso gli adeguamenti regolamentari atti a fermare i “naked short” su un selezionato numero di titoli finanziari ?

Quando si vuole cambiare il corso del mercato e si pensa di farlo con questi interventi forzati, di solito il mercato, mettendoci il suo tempo, si prende la rivincita. E che il ribasso del petrolio vada considerato una forzatura lo dimostrano i recenti interventi a gamba tesa di chi non vuole dividere il “suo” petrolio con altri.

Nel fine settimana la Cina ha ammonito la ExxonMobil, multinazionale del petrolio basata negli Stati Uniti, invitandola ad abbandonare un accordo col Vietnam per esplorazioni alla ricerca di giacimenti in un tratto di mare rivendicato da Pechino, dopo che l’anno scorso, sempre Pechino ha contestato un accordo analogo tra il Vietnam e la mutinazionale Bp per ricerche offshore nei pressi delle isole Spratly, anch’esse in una zona sulla quale esistono dispute per la sovranità tra Cina, Vietnam ed altri paesi asiatici. British Petroleum che viene peraltro “maltrattata” anche dai russi per il controllo della joint-venture petrolifera Bp-Tnk e che ha annunciato ieri a Londra che nei prossimi mesi richiamerà dalla Russia il suo staff residuo, in tutto una sessantina di persone.

Per la gestione dell’importantissima joint venture la Bp aveva mandato in Russia 150 dipendenti ma è stata costretta a rimpatriarne già una buona parte in seguito a difficoltà nel rinnovo dei visti di soggiorno e lavoro.

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