Il petrolio azzurro e la crisi idrica

Entro il 2025 due terzi della popolazione mondiale avrà problemi a reperire acqua dolce. Nei prossimi venti anni la domanda di acqua che proviene dai paesi in via di sviluppo crescerà del 50% mentre nell’aree sviluppare la richiesta sarà superiore del 18% rispetto i livelli attuali.

La previsione, riportata in uno studio di Merrill Lynch, mette in luce come la preziosa risorsa possa presto diventare (se già non lo è) il prossimo tema caldo nella corsa al rialzo delle materie prime.

Domanda e offerta

Metalli preziosi, beni agricoli, e lo stesso petrolio non esisterebbero nemmeno se non ci fosse l’acqua. Questo è dimostrato dal fatto che nel mondo il 70% del consumo di acqua dolce viene destinato all’agricoltura, il 22% all’industria e solo l’8% all’uso quotidiano. La domanda continua a crescere, sostenuta dall’aumento della popolazione globale da standard di vita più elevati.

Disponibilità di acqua dolce nel mondo (anno 2000). Fonte: Acquastat

Sul fronte opposto, quello dell’offerta, l’inquinamento influisce negativamente sulla temperatura del globo, andando ad erodere le ‘riserve ufficiali delle aree polari. A questo si aggiunge che l’urbanizzazione sfrenata delle città continua ad inquinare le  falde vicine ai centri abitati.

L’offerta, inoltre, è frenata dai pesanti costi di investimento nelle infrastrutture per il trasporto dell’acqua. Il Regno Unito per esempio spende 4 miliardi di sterline all’anno per aggiornare la rete idrica. Stessa sorte per l’Unione Europea che ha previsto stanziamenti per 50 miliardi di dollari mentre gli Stati Uniti hanno previsto una spesa di 40 miliardi di dollari.

L’acqua è una commodity

L’acqua però oggi non è una vera e propria commodity, o per lo meno non paragonabile all’oro o altre materie prime il cui prezzo viene fissato giornalmente attraverso la domanda e l’offerta.

L’acqua è controllata dai Governi e non dalle imprese private: esistono comunque dei mercati ‘secondari’ dove i diritti sullo sfruttamento dell’acqua vengono comprati e venduti ogni giorno, mercati che evidenziano una crescita del transato del 20% all’anno.

Un ulteriore apertura del mercato verso forme di compravendita più sofisticate inoltre si scontrerebbe quasi sicuramente contro problemi pratici e politici. Per questo prendere posizione sull’acqua non significa necessariamente speculare sul prezzo dell’oro blu, bensì investire su quelle aziende che partecipano al processo di estrazione, purificazione, stoccaggio e diffusione.

In questo senso, la scelta cade su fondi di investimento o Etf che puntano su grandi gruppi che investono anche in questo settore. 

Si può così puntare sulle multinazionali attive nella fornitura (Suez, Veolia, United Uilities sono le prime al mondo per capitalizzazione) o su chi invece è coinvolto nella fase di pompaggio, controllo qualità, irrigazione (GE, China Communications Construction, Danaher, sono i primi tre colossi attivi in questo settore).

L’acqua è ancora un terreno inesplorato e sottovalutato dal mercato e come ricorda lo studio di ML, “senza acqua non ci sarebbe industria, agricoltura, vita”.

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