Scandalo derivati: Andrew Cuomo attacca UBS

Il procuratore generale dello stato di New York, Andrew M. Cuomo, ha intentato una causa contro UBS, accusata di aver venduto circa 25 miliardi di dollari di “auction-rate securities” a oltre 50.000 investitori privati, sostenendo che si trattasse di investimenti sicuri e liquidi come ‘denaro contante’, cosa che si è poi verificata non vera. Contemporaneamente alcuni alti dirigenti di UBS vendevano oltre 21 milioni di dollari dei medesimi titoli da loro posseduti a livello personale.

Secondo Cuomo UBS ha violato il rapporto fiduciario verso i suoi clienti, prima vendendo prodotti dei quali non spiegava la reale natura e rischi, e poi continuando la vendita anche quando era chiaro che tali prodotti iniziavano a avere grossi problemi di liquidità. Questa consapevolezza è dimostrata da documenti interni, messaggi di posta elettronica scambiati tra dirigenti i quali dimostravano una perfetta conoscenza dei rischi del prodotto, al punto che tali dirigenti in relazione a questo hanno smobilitato le loro posizioni personali.

È per questo che Cuomo a nome dei clienti ‘ingannati’ chiede “their money back”, vuole indietro i soldi.

Stiamo parlando di riacquisto, e non di default, questi titoli non sono liquidabili e hanno perso molto valore, ma non sono tecnicamente ‘defaulted’. In ogni caso parliamo di una somma, per il riacquisto, di oltre 37 miliardi di dollari.

Karina Byrne
, portavoce di UBS, si dice sorpresa per questa mossa di Cuomo (anche perchè era in corso una conciliazione amichevole su questa questione), e respinge con forza ogni accusa rispetto alla volontà della banca di traslare sui suoi clienti il rischio relativo a questi titoli.

Ma se New York attacca, anche Los Angeles non sta a guardare. La metropoli della costa ovest infatti ha già fatto partire una causa contro 30 emittenti dei cosidetti ‘municipal bond’  e banche di investimento, accusate di fronde a danno di milioni di contribuenti.

Queste vicende, che continueremo a seguire, si inserisce in un ampio panorama di azioni che i vari stati USA stanno conducendo nei confronti di numerose case di investimento.

La differenza tra gli Stati Uniti e l’Italia, in situazioni come queste, non sta nel fatto che i risparmiatori USA non corrono il rischio di comportamenti illeciti (se saranno provati), ma che a difenderli ci pensa in prima battuta la magistratura e non qualche più o meno volonterosa associazione di consumatori. E non è una differenza da poco…

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