Mercati Asiatici: Lo iota di turno

Il prezzo del petrolio è ripiegato nel finale, ma al momento lo ritroviamo già oltre i 126 dollari al barile.
Nel fine settimana intanto è scaduto l’ultimatum di due settimane posto il 19 luglio dai 5+1 (Usa, Russia, Cina, Gran Bretagna, Francia e Germania) all’Iran perché congeli il suo programma nucleare, il particolare l’arricchimento dell’uranio, in cambio di un pacchetto di incentivi.
A quanto pare Il capo negoziatore iraniano sul nucleare, Said Jalili, e il responsabile della politica estera dell’Unione europea, Javier Solana, si sentiranno presto per telefono, secondo quanto annunciato da una portavoce dello stesso Solana.

Che cosa si diranno? Probabilmente Javier Solana si farà spiegare a cosa corrisponde “lo iota” visto che Mahmud Ahmadinejad, dopo un colloquio a Teheran con il suo omologo siriano, Bashar el-Assad, suo alleato strategico, ha ribadito: “Quando noi partecipiamo a un qualsiasi negoziato lo facciamo inequivocabilmente con un occhio rivolto alla realizzazione del diritto al nucleare dell’Iran” e che “la nazione iraniana non arretrerà di uno iota dai suoi diritti”.

Ormai alle sparate dei “presidenti del petrolio” dovremo abituarci. Nel week end anche il presidente venezuelano Hugo Chavez ci ha intrattenuto in televisione con lo spettacolino delle sue dichiarazioni, annunciando di aver completato il gruppo di 24 Shukoi-30 acquistati in Russia e cogliendo l’occasione per avvertire gli Stati Uniti che, nel caso le unità della 4/a Flotta statunitense, di recente ricostituita, violassero le acque territoriali venezuelane, finirebbero “in fondo al mare”.

Per il momento gli Stati Uniti hanno altri problemi a cui pensare visto che la tempesta tropicale Edouard, la quinta della stagione 2008, potrebbe diventare un uragano all’impatto con le coste dello stato del Texas minacciando le installazioni petrolifere della regione e le molte raffinerie dislocate sulla costa. Ma poi, a tempesta passata, gli americani potrebbero ricordare, costi quel che costi, ai vari presidenti del petrolio che l’America è effettivamente in crisi di petrolio e di leadership, ma che questo non è un motivo sufficiente per continuare a subire provocazioni senza reagire.

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