“I costi di una riforma potranno essere alti, ma saranno ridicoli rispetto alle recenti svalutazioni per centinaia di miliardi di dollari fatte dalle istituzioni finanziarie…”. Questo è il pensiero di Gerald Corrigan (amministratore delegato di Goldman Sachs e in passato presidente della Federal Reserve Bank di New York), che è di fatto il promotore di una serie di proposte per limitare ambito e dimensioni del mercato dei [a]derivati[/a] e dei prodotti complessi.
Tutte le grandi banche USA, JP Morgan Chase, [s]Merrill Lynch[/s], [s]Lehman Brothers[/s], [s]Citigroup[/s], HSBC e Morgan stanley, si sono allineate alle proposte di Corrigan volte a modificare il mercato soprattutto atraverso una definizione stringente di “investitori sofisticati”, gli unici ai quali potrà essere consentito di vendere prodotti finanziari complessi (dovranno dimostrare di avere le risorse e le competenze per comprenderli e monitorarli).
Non è la fine della “securitization”, ma una modifica radicale e salutare del modello di business.
I derivati in sè stessi non sono stati la causa principale delle perdite (che provengono più che altro dalla crisi dei mutui rischiosi e dalla susseguente cartolarizzazione), ma è abbastanza evidente che un mercato di “credit derivatives” di oltre 62 trilioni di dollari ha costituito un mostruoso meccanismo di trasmissione del contagio.
C’è un aspetto positivo in tutto questo, e cioè che siano gli stessi player del mercato a proporre nuove regole, capendo in prima persona che l’assenza di regole in un mercato finanziario globalizzato e totalmente interconnesso può dare cash a breve che viene poi pagato a caro prezzo quando qualcosa si inceppa.
La speranza è che le autorità di controllo si muovano velocemente, magari seguendo gli otto principi indicati da Kaufmann nell’articolo “Otto principi per costruire nuove regole”.
L’altra speranza è che dal giorno dopo le banche non mettano al lavoro i loro uffici legali per capire come aggirare le nuove regole da loro stesse proposte…