Ci vuole più fantasia

Ha festeggiato da poco i 30 anni di attività. Come si è evoluta nel tempo la sua professione?

Quando sono entrato in questa realtà si potevamo vendere solo due prodotti, il Fonditalia e l’Interfund, mentre oggi siamo multimanager perché abbiamo a disposizione diverse case di investimento. 
Ho visto crescere la promozione finanziaria, che è passata da una semplice attività di vendita fino ad arrivare a essere una vera e propria professione, svolta da persone altamente preparate sui prodotti e sui mercati e dotate, ovviamente, di spiccate doti commerciali, per agire nell’interesse dei reali bisogni del cliente, attraverso la creazione di un piano di investimento su misura. Quello che non è cambiato in questi anni è la tipologia della struttura e dell’offerta dei prodotti. 
A parte qualche Sicav market neutral e l’avvento dei certificati, si continuano a vendere fondi comuni di investimento, gestioni patrimoniali, polizze assicurative.
 
Forse questa “scarsa evoluzione dei prodotti” è alla base della crisi del risparmio gestito italiano?
Probabilmente sì, perché il sistema bancario manca di una certa “fantasia” nell’ideazione di nuovi prodotto. Ma al di là di questo, personalmente non sto vivendo questa crisi, perchè storicamente nei momenti di difficoltà, le reti tengono più delle banche, perché hanno un rapporto più stretto con i propri clienti, li sanno assistere più da vicino e aiutarli nelle scelte da prendere quando i mercati non promettono nulla di buono. E grazie a questo approccio la nostra rete riesce a evitare i pesanti deflussi che molti istituti di credito registrano.
 
Ma tornando alla crisi dell’industria, su quali fattori si deve puntare per invertire questo trend?
Molti operatori del mercato devono rivedere il loro modello di gestione dei rapporti con la clientela. E’ proprio nei periodi di mercato in rosso che bisogna consigliare il risparmiatore, evitando che venda tutto ciò che ha in portafoglio per acquistare rendimenti più sicuri come Bot o Btp, perché allora il risparmio gestito viene a perdere la sua essenza. 
E’ necessario puntare alla qualità del servizio offerto, attraverso una maggiore conoscenza dei prodotti e una forte libertà nel proporre al cliente lo strumento migliore per il suo interesse e non per quello dell’istituto per cui lavora.
 
A proposito di “libertà d’azione”, alcuni critici prevedono che molti promotori passeranno alla consulenza indipendente. Qual è la sua opinione al riguardo?
Non vedo la differenza nell’operare presso il cliente tra un promotore e un consulente. Quello che conta è il rapporto che intercorre tra un istituto di credito e la rete dei suoi promotori. Oggi io posso scegliere tra svariati prodotti, posso effettuare investimenti, aprire conti correnti, carte di credito. Sono in grado cioè di fornire al cliente un servizio a 360°. Sul passaggio dei promotori alla consulenza, non credo che ciò avverrà, perché ritengo che il risparmiatore italiano non sia ancora pronto a pagare una fee annuale per una consulenza, quando può avere dei promotori all’interno di una banca, che agiscono in piena libertà nella collocazione dei prodotti. 
 
Alla luce di quanto detto finora, secondo lei, come si evolverà la promozione finanziaria in Italia?
E’ necessario puntare sulla formazione. Attraverso corsi in aula e affiancamento sul campo di giovani laureati dotati di una buona conoscenza economica, spirito di iniziativa, voglia di fare e spiccate doti commerciali. Solo così si creeranno futuri professionisti competenti e preparati. 

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