Draghi e i promotori

Certamente i promotori finanziari non ci sono rimasti bene.
Infatti, nel suo recente discorso in occasione dell’assemblea ABI, il governatore della Banca d’Italia Mario Draghi ha riassunto la situazione della consulenza finanziaria con grande lucidità, dando prova di competenza e realismo, ha ribadito che per contrastare il declino del risparmio gestito in Italia è necessaria la riduzione dei conflitti di interesse, la riqualificazione delle modalità di offerta e ribadito che gli intermediari devono operare nell’interesse del cliente.
Sembra un discorso che calza perfettamente con quanto da tempo proposto dalle reti di promotori finanziari, che da oltre 30 anni operano con questa missione, ma in realtà poche volte il governatore ha citato la categoria.
Grande spazio, invece, per il ruolo dei consulenti indipendenti, una categoria che tutti vorrebbero, ma che in verità nessuno aiuta a decollare.
In primis la Consob, che di fatto impone norme sempre più restrittive, li obbliga a dotarsi di una organizzazione complessa con oneri e procedure, per la rendicontazione, le registrazioni, l’informativa alla clientela, la formazione e l’aggiornamento professionale.
Tutti questi costi senza la possibilità di ricevere retrocessioni dalle società per i prodotti distribuiti, quindi ricavi solo a parcella per il servizio fornito.
Un po’ difficile competere con le banche o le SIM, che hanno di fatto gli stessi costi, ma maggiori possibilità di reddito.
Si ha paura a concedere troppa libertà perché le regole di tutela in carico alle SIM hanno ben funzionato negli ultimi decenni, riducendo i casi di comportamenti disonesti dei promotori e soprattutto risarcendo i danni ai risparmiatori danneggiati.
Fra le proposte del tavolo tecnico istituito da Draghi è emersa la necessità della creazione di piattaforme elettroniche nelle quali sia possibile sottoscrivere o rimborsare quote di fondi o altri prodotti. 
Tali piattaforme esistono in vari paesi come la Francia, la Germania e il Regno Unito, mercati dove la distribuzione di servizi finanziari non impone la necessità di utilizzare banche o promotori, e le società prodotto collaborano al meglio per fornire accessi, dati e assistenza a chi voglia distribuire i loro prodotti.
Ma oltre al servizio è possibile anche ricevere provvigioni di collocamento e di assistenza, e parte delle management fee. Pertanto di fatto tali piattaforme assolvono una parte del lavoro oggi demandato alle SIM.
Insomma non è facile sbrogliare la matassa perché se si vuole una consulenza veramente indipendente bisogna tornare indietro, considerare i professionisti della consulenza persone oneste e capaci, almeno fino a prova contraria, consentire loro di lavorare a costi molto contenuti, con poca burocrazia, magari imponendo semplicemente l’uso di una banca per ogni transazione ed eventualmente una piattaforma elettronica, considerare inoltre il risparmiatore italiano una persona cosciente e attenta a non correre rischi inutili e permettere al professionista di ricevere le retrocessioni in linea con il mercato dal cliente, ed eventualmente anche dalle società prodotto.
Non si creda che tutti i promotori si adeguerebbero a questo modello, perché l’appartenenza a una società ha molti vantaggi, servizi centralizzati, formazione, marketing, organizzazione delle agenzie e uno spirito di appartenenza che soprattutto in certi momenti può aiutare a uscire da momenti di difficoltà. 
Se si guardano poi i comportamenti nei primi sei mesi del 2008, un anno molto difficile per i mercati, si nota che dei 70.000 milioni di euro persi dal sistema fondi oltre il 90% è da imputare alle banche che hanno liquidato con ampie perdite fondi sia azionari sia obbligazionari.
Fra le reti si distingue per la raccolta netta positiva Banca Mediolanum che dimostra che si può, e si deve, vendere anche e soprattutto in fase di ribassi, oltre che FinecoBank che dispone di una grande rete e di una piattaforma elettronica fra le migliori al mondo.

Insomma, sembrano giustificate le critiche di Marco Tofanelli (segreterio generale di Assoreti) e di Elio Conti Nibali, presidente di ANASF (Associazione dei promotori finanziari), che lamentano che il lavoro di Banca d’Italia non ha voluto riflettere adeguatamente sul ruolo, storicamente positivo, svolto dalle reti dei promotori finanziari.  

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