Alla ricerca della stabilità!

Se pensiamo che solo qualche mese fa si era raggiunto il prezzo di 1.5500 euro contro l’1.30 di adesso, ci accorgiamo che la benzina è scesa di circa il 16% mentre il petrolio da 150 dollari è sceso a 70 dollari, cioè del 55%. Se a questo 55% sottraiamo anche l’aumento del prezzo del dollaro rispetto all’Euro (da 1.60 a 1.35 cioè il 15% circa) ci ritroveremmo con una diminuzione reale del prezzo del petrolio del 40% a fronte di un calo del prezzo della benzina che oscilla tra il 10% e 16%, un bell’affare per i petrolieri italiani e lo Stato che insieme incassano la differenza.

Ma, si sa, la macchina è un mezzo indispensabile a cui nessuno di noi rinuncia e quindi si è completamente prigionieri altrui non potendo fare altrimenti. Quindi per pagarci il pieno dobbiamo, come si suol dire, “tradare bene” ovvero cercare di individuare i trend in atto, le oscillazioni future, e scommettere di volta in volta sulla valuta giusta. Una bella scommessa di questi tempi, vista l’incertezza assoluta e la crisi che comincia ad attanagliare le economie reali.

I dati Usa di ieri, produzione industriale e Philadelphia Fed non hanno fatto altro che confermare questo scenario, altamente negativo e preoccupante con cali decisamente al di sotto del consensus. I prezzi al consumo sono scesi, il che conferma ovviamente che la recessione è in atto e che i cittadini americani cominciano realmente a stringere i cordoni della borsa, sono tempi in cui c’è poco da scherzare!

E da questo punto di vista potrebbe anche andar peggio. Il dollaro resta valuta safe heaven anche se presto qualcuno comincerà a guardare anche ai problemi reali e agli eccessi di dollari sui mercati internazionali. Il problema però è che sia da questa parte dell’Oceano, sia in Asia, nessuno sembra in grado di dare una scossa positiva, di prendere in mano lo scettro del comando, sembrano tutti in attesa che il solito gigante ora malato dia un segno, riemerga e risollevi le sorti economiche del pianeta. Salvo poi criticarlo quando prende decisioni anche sbagliate concettualmente.

Ieri il Segretario al Tesoro Paulson ha affermato che gli Hedge Funds vicini al fallimento saranno lasciati “morire”
, una decisione che si può condividere dato che questi fondi sono nel mirino per la mancanza di regolamentazioni e controlli da parte di Sec e ministero del Tesoro e anche per il peso che hanno avuto nella creazione della bolla finanziaria e nell’attuale fase di de-leveraging. In queste settimane migliaia di hedge infatti stanno cercando di smobilizzare i loro assets per far fronte a una valanga di riscatti da parte della clientela.

Tra i dati di ieri non possiamo né vogliamo dimenticare il dato sul tics (Treasury International Capital System) ovvero sui flussi di capitali da e verso gli States, che ha mostrato un flusso di capitali ancora in entrata negli Usa a dimostrare che gli americani ancora rimpatriano capitali per timori di ulteriore peggioramento della congiuntura.

I mercati emergenti ancora soffrono ma alla fine restiamo ottimisti, anche perché i livelli di oggi probabilmente, nel medio termine, rappresenteranno la grande occasione del futuro.

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