Presidenziali USA, gli hedge si scoprono tutti democratici

UNA LOBBY STORICAMENTE DEMOCRATICA
Secondo i dati statistici pubblicati da Opensecret (organizzazione che si occupa di raccogliere e pubblicare i dati relativi ai fondi raccolti a favore di questo e quel candidato) dalle casse dei fondi hedge statunitensi sono usciti 14,23 milioni di dollari verso i due candidati presidenziali, di questi però il  65% è finito nella casse dei democratici lasciando McCain con un risicato 35 percento.

Anche se il dato ha dello stupefacente, non fa altro che confermare un trend già attivo da anni, ovvero l’appoggio smisurato dei gestori hedge verso il partito democratico.

Nel 2006, quando i democratici erano rappresentati da John Kerry, gli hedge appoggiarono il candidato democratico addirittura con il 74% delle elargizioni contro i 31% per George W. Bush.

Pe trovare un dato favorevole ai Repubblicani bisogna infatti tornare indietro fino al 1996, quando a rappresentare il partito Repubblicano fu chiamato Bob Dole, poi sconfitto da Clinton.

Ma la passione degli gestori per il presidente Obama non è una mera scelta ideologica. L’attenzione dei gestori verso la politica è infatti storia abbastanza recente  in linea con l’aumento del peso finanziario dell’industria hedge sui mercati finanziari statunitensi e internazionali.

La ‘passione’ per la politica da parte degli hedge tocca i suoi massimi nell’ultima campagna elettorale e soprattutto a partire dal 2007. In quell’anno, infatti, scoppiano numerose polemiche intorno alla tassazione dei redditi da capitale che generano un vero tormentone tra le file dei democratici (divisi tra coloro propensi ad aumentare le tasse sulle società quotate e chi invece – come lo steso Obama – erano per una linea più morbida.)

TAX HEDGE FUND DEALERS
Per il primo gruppo, esemplificativa la battuta pronunciata da Hillary Clinton che si lamentò della irrisoria pressione fiscale sui guadagni da capitale. L’ex moglie del Presidente Bill Clinton, infatti, durante una conferenza nello stato dell’Ohio ha criticato aspramente il ruolo di wealth ed hedge fund manager, considerati  “dei non lavori”.

Sfortunatamente per la candidata democratica, quella frase si rivelò una pericoloso boomerang visto che la figlia Chelsea dal novembre 2006 lavorava per Avenue Capital Group, guarda a caso uno dei fondo hedge newyorchese più quotati e finanziatore della campagna dei democratici.

La gaffe della Clinton in verità era da inquadrare in un contesto più grande, ovvero la scarsa regolamentazione e il favorevole trattamento fiscale di cui godono i gestori dei grandi fondi hedge e società di private equity.  “Dobbiamo avere più rispetto per il lavoro – ha detto la Clinton davanti un folto gruppo di sostenitori – intendo dire che ci sono persone che lavorano a Wall Street come investment manager o hedge fund manager che su 50.000.000 di dollari che guadagnano ogni anno pagano meno tasse di un’insegnante o un’autista di Parma che hanno un reddito 50.000 dollari.”

LA BLACKSTONE BILL TAX
Il problema della tassazione di fondi hedge e fondi di private equity è una questione aperta nel sistema americano, sia fronte democratico che su quello repubblicano. Lo scorso anno, per esempio, il senatore repubblicano Charles E. Grassley propose di aumentare la pressione fiscale sulle società costituite sotto forma di partnership (la cosiddetta Blackstone Bill). La proposta scatenò la lobby di Wall Street  che mostrò tutto il suo disappunto, urlando a gran voce allo scandalo. La necessità di regolare i maxi stipendi di gestori e finanzieri è un tema fondamentale, acuito dai dati dello scorso anno quando i primi tre gestori hedge al mondo guadagnarono complessivamente (sotto forma di commissioni di performance) quasi 5 miliardi di dollari.

LA MANCATA  ‘VITTORIA’ AL SENATO
Per la prima volta dal 1992 i democratici si aggiudicano contemporaneamente Camera, Senato e Casa Bianca. Nelle elezioni attuali, infatti, veniva rinnovato un terzo del senato (35 seggi) e la intera Camera (435 deputati). Al Senato i democratici, che avevano 51 voti, hanno conquistato almeno altri cinque seggi ai repubblicani ma non sono riusciti a raggiungere le nove vittorie necessarie per arrivare a quota 60, livello critico che al Senato consente il suo controllo assoluto. Il mancato raggiungimento di questa soglia ha però degli effetti importanti anche sulla futura attività dei fondi hedge.

Se infatti la vittoria di Barack porterà sicuramente profondi cambiamenti nel sistema finanziario statunitense (Obama non ha mai negato la propria contrarietà rispetto i complessi prodotti derivati) il mancato raggiungimento della soglia dei60 seggi in senato potrebbe frenare le ambizioni di cambiamento del Presidente Obama. 

Durante la campagna Obama ha fatto capire che hedge fund e società di private equity hanno bisogno di una nuova regolamentazione, sullo stile delle banche commerciali; in aggiunta il neo eletto presidente degli Stati Uniti parlò di costituire un comitato di supervisione dei mercati finanziari in grado di identificare i rischi prima che diventino troppo grandi.

In definitiva la vittoria di Obama è una mezza vittoria anche per gli hedge fund, una lobby sempre più potente anche a Washington che difficilmente scomparirà da un giorno all’altro, anzi.

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