Top manager, è finito il tempo degli eccessi

Ormai è evidente l’attuale sistema dei compensi dei top manager ha fallito, non è riuscito a garantire l’allineamento dei comportamenti dei dirigenti con gli interessi dell’azienda. E’ questo uno dei primi effetti della crisi finanziaria ancora in atto. «Nel mondo dell’investment banking le conseguenze della crisi sono già evidenti – conferma Giulia Belloni senior client partner di Korn/Ferry Innternational – A livello di bonus i boom registrati negli anni passati saranno difficilmente raggiungibili. Nei contratti del settore finanziario ci sarà sempre una parte fissa e una variabile legata ai risultati, ma il concetto di bonus non sarà più concepito in termini puramente quantitativi e legati alla profittabilità di breve periodo». Analoga la visione di Drew Keith, country manager per l’Italia di Russell Reynolds Associates.

Secondo l’head hunter non cambierà la struttura dei contratti ma semplicemente «ci sarà un maggior rigore nell’applicazione e nella valutazione delle parti che lo andranno a comporre. Ma ci sarà sempre una parte fissa e una variabile».
«Le principali tendenze che ci possiamo attendere – gli fa eco Andrea Pecchio, partner di Spencer Stuart – sono le seguenti: la fine degli eccessi che hanno visto l’erogazione di compensi multimilionari anche in presenza di performance insoddisfacenti; di contralto non ci aspettiamo che avrà lunga vita il tema del cap alle compensation definiti per norma o suggeriti sulla base di moral suasion; ci sarà una riduzione del gap esistente attualmente tra i livelli dei compensi della finanza e dell’economia reale; ci sarà una maggiore rilevanza degli strumenti di retention e di premio a medio/lungo termine rispetto ai bonus annuali; una maggiore trasparenza e semplificazione complessiva dei sistemi di compensation. In altre parole non basterà più dire di avere un forte sistema di incentivazione del management per essere premiati dal mercato: è sull’allineamento reale degli interessi che si giocherà, in futuro, la partita».

E in questo scenario, secondo gli head hunter sentiti da ADVISOR, si assisterà a una forte riduzione degli incentivi non strettamente legati alla performance. I cosiddetti paracaduti d’oro saranno un ricordo e i bonus di ingresso saranno strettamente limitati ai casi in cui è necessario compensare il top manager per la perdita del premio che avrebbe percepito nella casa in cui operava.
«La modalità di contabilizzazione dei compensi straordinari (sopra o sotto la riga del margine operativo) non avrà più effetto sul quantum erogato. Oggi molte distorsioni sono dovute al fatto che le buonuscite e gli entry bonus sono contabilizzati “sotto la linea” e non hanno un effetto sulla valutazione complessiva dell’azienda da parte degli analisti» chiarisce Pecchio.

Keith mette però in guardia dal rischio di avviare un’inutile “caccia alle streghe”. «Ora ha preso il via un eccessivo attacco ai manager che travolge anche quelli che hanno fatto bene il loro lavoro – sottolinea il country manager di Russell Reynolds Associate – Alcuni dirigenti, in questa fase di mercato, stanno pagando per una perdita di valore delle aziende dovuta alla crisi e non a una cattiva gestione. Così come nei prossimi anni sarà difficile valutare se la crescita di valore delle società sarà determinata dalle abilità del manager o dalla naturale ripresa dei mercati». Il problema di fondo è che negli anni passati il termine top manager «è stato inflazionato – ricorda Keith – Molti dirigenti tanto “top” non lo erano. Ma proprio per questo credo che dalla crisi sia possibile trarre un vantaggio. E’ questo il momento ideale per valutare adeguatamente la qualità del top management».


 

Ma sarà semplice?
«Nel recente passato trovare figure senior non era semplice, anche perché, considerando le dinamiche delle remunerazioni, avevano “prezzi” importanti – continua Belloni – Oggi credo che da questo punto di vista il mercato sarà più semplice. Le persone disponibili ci sono e sono anche di qualità. Non credo che in questa fase mancheranno i manager disposti a mettersi in gioco».

Ciò non toglie che nella ricerca del top management nel settore finanziario non mancheranno nel corso dell’anno le difficoltà.
«Personalmente credo che in termini volumetrici l’executive research subirà una riduzione, soprattutto per quanto riguarda i middle manager – chiarisce Keith – Sul fronte top management ci troviamo in un contesto in cui i clienti sono più esigenti rispetto al recente passato, i tempi di ricerca e selezione si sono allungati e le persone di qualità, pur essendo le più richieste, potrebbero essere meno propense al cambiamento». Non tutti sono disposti a cambiare rotta in questi momenti di profonda crisi.

Analoga la visione di Pecchio che prevede che, dopo «un primo momento di forte rallentamento nell’attività di inserimento di manager dall’esterno, si passerà a una fase di forte focalizzazione sul ricambio delle posizioni di vertice (amministratore delegato e suoi riporti diretti) e su tutte le posizioni-chiave di gestione del rischio. L’identificazione di nuovi manager capaci di fare la differenza sarà accompagnata da una sistematica identificazione e valutazione dei talenti interni garantendo un adeguato equilibrio tra crescita interna e inserimento dall’esterno. In tutti i casi le competenze e l’esperienza pregressa saranno i veri arbitri nella selezione della classe dirigente di domani; sembra banale, anzi è banale, ma purtroppo sappiamo che non sempre questo è avvenuto negli ultimi anni nel nostro sistema finanziario».

E questi “nuovi” top manager avranno un compito molto arduo: «dovranno contribuire a fare uscire dalle secche il sistema finanziario» chiarisce il partner di Spencer Stuart – Dovranno essere in grado di ricostruire la fiducia nelle banche da parte dell’economia reale, dei clienti e del mondo istituzionale.
«Sarà indispensabile avere una chiara visione strategica, anticipatrice delle future tendenze di mercato, accompagnata da una chiara comprensione e da una efficace gestione dei fondamentali del business – conclude Pecchio – con l’obiettivo di tornare a essere un business partner credibile dei propri clienti, accompagnandoli al meglio sia in questa fase di recessione sia nella successiva fase di sviluppo».


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