Che fine faranno le banche

L’era del credito così come l’hanno conosciuta le generazioni attuali e quelle prima è destinata a cambiare. Inesorabilmente. Intanto lo sanno tutti che nessuna banca può più permettersi il numero di dipendenti del passato. Non a caso il piano di risanamento del Monte dei Paschi di Siena prevede tremila esuberi, circa il 15% del dipendenti. Di sportelli bancari in giro ce ne sono sempre meno.

In Paesi evoluti come la Germania si contano sulle dita di una mano.

Fare prestiti alla clientela è sempre più faticoso, anzi oneroso. Dopo il 2008 le regole si sono strette attorno alla leva capitale/impieghi stringendola sempre più. In sostanza, se vuoi prestare denaro devi averne quasi altrettanto a garanzia. I promotori e le reti di vendita sono destinati a essere sganciati dalle banche sia per i costi che per le nuove normative: l’ingresso della Mifid 2 nel 2018 spingerà fortemente verso la creazione di consulenti indipendenti non più pagati dalla rete ma che dovranno farsi pagare le parcelle direttamente dai clienti. Il private banking ormai è sulla via dei robo-advisor: resteranno solo i clienti Top da seguire. La nascita delle blockchain di fatto toglierà alla banca (e a tutti gli altri) il ruolo di intermediario: per comprare un titolo o fare un contratto si passerà attraverso la blockchain che garantisce la regolarità dei passaggi. Cosa resterà allora alla banca? Tornare a fare il vecchio mestiere dell’ufficiale pagatore: le banche diventeranno una grande piattaforma, un enorme conto corrente per compiere operazioni semplici come appunto, pagare una bolletta o incassare uno stipendio. Poco altro. Ma attenzione, rischiano anche qui. Chi l’ha detto che la grande piattaforma debba essere quella bancaria? Se nascesse un Google che fa servizi di conto corrente…

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