Lost in transition and in translation

Mi è sempre più palese la sensazione che l’entrata in vigore della Mifid 2 possa non corrispondere a un’efficace azione di miglioramento della situazione complessiva dell’intermediazione finanziaria. Un’occasione perduta pertanto, proprio nella fase di implementazione nazionale di una normativa che si proponeva di porre una cesura di forte variazione quale risposta alle condizioni che hanno favorito la crisi generale.
Gli intermediari, intesi quali legittima “corporazione”, hanno saputo resistere a molte delle sollecitazioni proposte per il loro cambiamento. Non hanno certamente agito di concerto; anzi ciascuno – gestori, distributori, operatori professionali e anche authority – ha operato in proprio, suggerendo specifiche soluzioni normative e conseguendo alcuni obiettivi propri. È mancata talvolta la forza dei regulator nell’imporre un quadro più armonico delle soluzioni, generando una ragnatela di principi e norme secondarie che tralascia un percorso comune e lascia interstizi opachi che taluni soggetti sapranno percorrere a loro vantaggio.
Indubbiamente si tratta di un passo in avanti, ma – nel complesso – la logica del paguro sembra ancora presente: qualche passo avanti, molti momenti di stallo e qualche passo indietro.
Un eccesso di protezione formale agisce di fatto da deterrente e favorisce una sorte di accidia. Talvolta, questo peccato di comportamento si accoppia all’ingordigia e viene utilizzata dagli intermediari per distribuire inconsapevolmente rischi. Mifid aveva colto tale profilo nei suoi 170 “considerando” originari. Il dubbio concerne l’efficacia del disegno operativo che ne è conseguito. Lieto di una smentita negli anni ‘20 e curioso in merito all’iniziativa Mef sull’educazione finanziaria e alle nuove tabelle sui costi!

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