Attenti agli anni che finiscono per 7

Si dice sempre che la vita è strana. Ma la Borsa non è da meno. Sembra infatti che nel secondo semestre di tutti gli anni che terminano con il numero 7 si verifichino le peggiori performance dei mercati americani. La stagionalità, per quanto puntuale e piuttosto affidabile nel caso di alcune commodities, non è però un criterio d’investimento valido. Facciamo un esempio. I broker dividono l’anno in due fasi: il semestre forte da novembre ad aprile, e quello debole (l’altra parte dell’anno).
Se investissimo nel semestre forte, senza ottenere alcun rendimento positivo, dovremmo secondo questa teoria aspettare altri sei mesi prima di sperare di guadagnare. Se invece comprassimo azioni solo durante le annate che finiscono con la cifra 5 (ottime annate da 180 anni) dovremmo aspettare una decina d’anni tra un investimento e l’altro. Forse è per questo che è meglio considerare la stagionalità un po’ come la probabilità del vento nella navigazione: una variabile marginale. Tuttavia ci sono dei trend stagionali talmente affascinanti da non poter essere ignorati. Prendiamo in considerazione il trend del 7. Guardare i grafici degli anni che terminano con il 7 è inquietante. Dal 1887 al 2017, durante il secondo semestre, i mercati scendono. Questo fenomeno è particolarmente evidente nel caso di settembre, il periodo dell’anno statisticamente più debole. Tutti ricordiamo il market top del 2007, la crisi dei mercati asiatici del 1997 e il crash del 1987. Speriamo che si tratti di mere coincidenze. Per quanto si possa diffidare della stagionalità come unico criterio valido nella scelta degli investimenti, l’evidente ricorrenza del trend non passa certo inosservata.
Nei prossimi anni che termineranno con il numero 7, all’avvicinarsi del secondo semestre, ci ricorderemo che nonostante l’apparente rialzo dei mercati c’è sempre l’eventualità che “per un colpo di sfortuna” scivolino ritracciando l’infausto destino del 7.

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