Il pregiudizio egoistico dei cf

Il conflitto di interesse riguarda tutti i professionisti della consulenza e attiva un errore cognitivo definito come
pregiudizio egoistico” (selfserving bias). Esso consiste nel confondere ciò che è professionalmente giusto con ciò che può essere funzionale ai propri interessi, distorcendo inconsapevolmente i processi di selezione delle informazioni e di elaborazione del pensiero. A corollario ci sono altri errori cognitivi: il “pregiudizio di conferma” (confirmation bias, ossia la ricerca o l’interpretazione di prove favorevoli ad acquisire benefici per sé) e il “ragionamento motivato” (motivated reasoning, ossia l’elaborazione razionale di motivazioni che sostengono l’acquisizione di benefici). I loro effetti portano il professionista a credere sinceramente che il proprio comportamento professionale sia integro, anche se in realtà persegue i propri interessi a svantaggio del proprio cliente; ciò si manifesta con la convinzione ostinata di non essere influenzati da alcun interesse personale nella propria attività, a differenza degli altri che si ritiene essere largamente compromessi. Un esempio sono le dichiarazioni di professionisti e manager di aziende che affermano di operare in “totale assenza di conflitti di interesse”. Questo non solo nega la realtà che qualsiasi professionista operi in una condizione di conflitto di interesse, ma addirittura viola palesemente quella legale, nello specifico il corposo (1.235 parole) articolo 177 (Conflitti di interesse) del nuovo Regolamento intermediari n. 20307. Cosa fare per contrastare gli effetti del pregiudizio egoistico? Il primo passo è quello di convincersi che tutti noi siamo vulnerabili a questi meccanismi: il miglior modo per iniziare a gestire i propri conflitti di interesse è semplicemente quello di ammettere di averli.

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