Assicurarsi sul caso morte e invalidità permanente totale, se ti indebiti con un mutuo casa o un prestito personale, mi pare il minimo. Senonché questa pratica assolutamente logica è considerata da vari intermediari un modo per ottenere più commissioni dai clienti, subordinando in modo più o meno esplicito la concessione di prestiti alla sottoscrizione delle polizze. Anche perché ho visto, leggendo qualche contratto, che il 50% di quanto pagato non va a coprire il rischio, ma a remunerare il soggetto finanziatore. E come ha dimostrato una recente indagine Antitrust avviata su alcuni operatori di mercato anche a seguito di una segnalazione Ivass, i regulator vedono come il fumo negli occhi la proposta assicurativa associata a un finanziamento (come se assicurazioni e finanza appartenessero a mondi separati, cosa ovviamente falsa dal punto di vista del cliente). In base alla ricerca YouInvest (pubblicata anche in quattro occasioni sul Journal of Wealth Management), i clienti vanno assicurati sul rischio di azzeramento del loro capitale umano a seguito di premorienza e invalidità permanente totale da infortuni e malattie indipendentemente dall’esistenza di un debito, ovviamente remunerando in modo equo la consulenza ricevuta. Nel capitale umano, ossia nella somma attualizzata dei redditi futuri di un lavoratore, è infatti inclusa anche la capacità di restituire un eventuale debito, tipicamente un mutuo casa. È chiaro che per la quasi totalità dei clienti i premi pagati per le polizze citate sono generalmente considerati “soldi buttati via”, ma questo accade anche perché l’assicurazione di questi rischi rari a grande impatto non viene associata alla protezione del capitale umano, che rappresenta il principale attivo nel bilancio delle famiglie.