Panama papers, le banche svizzere si difendono

Il mondo bancario viene investito dall’ennesimo scandalo. Una gigantesca massa di denaro dirottata da studi legali internazionali e banche verso paradisi fiscali per conto di leader politici, criminali, funzionari d’intelligence e vip dello sport e dello spettacolo. La denuncia arriva da milioni di documenti fatti trapelare sui media internazionali, già battezzati “Panama Papers”.

La replica di alcuni colossi bancari coinvolti nella indagine non si è fatta attendere. Come riporta Il Corriere del Ticino, Credit Suisse Channel Island Limited, la filiale ginevrina di Ubs e Hsbc Private Bank Svizzera sono gli istituti elvetici citati nell’inchiesta. Secondo le rivelazione del Consorzio internazionale dei giornalisti d’inchiesta (ICIJ), sono oltre 1200 gli intermediari svizzeri che hanno collaborato con lo studio di avvocatura panamense Mossack Fonseca per creare 34.300 delle complessive 214.000 società offshore di cui parla l’inchiesta.

Più in dettaglio, le società schermo create dalla filiale di Credit Suisse sarebbero 918, quelle che dipendono da Hsbc Svizzera 733, e quelle create dalla filiale di Ubs 579. Ubs e Credit Suisse non confermano le cifre emerse dall’inchiesta. “Non abbiamo nessun interesse ad amministrare soldi che non sono dichiarati al fisco o che sono frutto di attività illegali”, scrive Ubs. Anche il Credit Suisse sottolinea di applicare alla lettera tutte le leggi ed i regolamenti che riguardano gli affari transfrontalieri. L’istituto di credito spiega inoltre di aver introdotto a partire dal 2013 programmi che obbligano i clienti provenienti da diversi paesi a dimostrare che i loro soldi sono stati dichiarati al fisco.

A livello mondiale sono più di 500 la banche citate nelle “Panama Papers”. La Deutsche Bank ha confermato di avere aiutato i suoi clienti a creare questo tipo di società all’estero. Anche la banca tedesca sottolinea tuttavia di aver sempre agito nel rispetto delle leggi

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