La polizza che scotta

E’ di poche settimana fa la notizia clamorosa che il Credit Suisse, una delle prime 20 banche al mondo, è stata iscritta nel registro degli indagati dalla Procura della Repubblica di Milano.
Il caso è quello delle “polizze assicurative” che il colosso svizzero ha venduto ai clienti italiani e che per la Guardia di Finanza e la Procura di Milano, in realtà nascondono meccanismi di esterovestizione di patrimoni detenuti da facoltosi clienti italiani.

Lo scudo della voluntary
Si parla di migliaia clienti per valori superiori a 14 miliardi di euro. Cifre enormi, ma probabilmente destinate a sgonfiarsi o forse anche dissolversi ai fini penali per vari motivi: l’inchiesta era nota già da dicembre 2014 e quindi molti clienti avranno aderito alla voluntary disclousure, inoltre ormai da tempo è perfettamente lecito mantenere all’estero i propri capitali, a condizione di dichiararli al fisco italiano. C’è da ritenere che quasi tutti si siano già adeguati.

Ivass sotto accusa
Se gli aspetti penali, sembrano destinati a sgonfiarsi (almeno per i clienti), rimane invece intatto il notevole impatto sulla credibilità della già screditata Ivass, l’Authority controlla in Italia il mercato assicurativo. Perché delle due l’una: o le polizze vendute dal Credit Suisse sono “vere” e quindi l’Ivass doveva conoscerle e valutarle tali; oppure le polizze sono “finte” (polizze mantello, le chiama la Procura di Milano) e dunque l’Istituto doveva attivarsi.
Il caso delle polizze Credit Suisse è paradossale, perché – come si legge sulla home page dell’Ivass – proprio “per garantire la piena integrazione dell’attività di vigilanza nei settori finanziario e assicurativo” il Presidente dell’Ivass è il direttore generale della Banca d’Italia, e il Consiglio è integrato dai componenti del direttorio di Via Nazionale.

Authority, quale ruolo?

Invece tutto si è scoperto solo per l’intuito degli investigatori della Guardia di Finanza, non certo a seguito della attività svolta dall’Ivass: insomma, le polizze sono state vendute massicciamente in Italia almeno per un decennio senza che l’Istituto se ne sia accorto.
Allora, ancora una volta, viene da chiedersi se ha senso mantenere in vita una Authority priva di contatti reali con il mercato che dovrebbe controllare.
Senza Authority efficienti gli investimenti interni ed esteri non ripartiranno, con buona pace dei governanti di turno. Mario Draghi ha detto che l’Europa corre il rischio di perdere una generazione; per l’Italia il rischio si è già trasformato in realtà.

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