Gestire le tensioni

I numerosi punti interrogativi che dovranno essere affrontati dal Regno Unito post referendum e il clima di generale incertezza sui mercati. Alla ricerca di una strategia per le diverse asset class, abbiamo raccolto l’opinione di Marco Vailati, responsabile ricerca e investimenti di Cassa Lombarda.
L’attivazione dell’articolo 50 del Trattato di Lisbona che disciplina il processo di uscita dall’Unione Europea non avverrà a breve. Quanto peserà questa incertezza sui mercati?
Parecchio. Il rischio di un calo delle attività del Paese è consistente dal momento che già molte multinazionali hanno reso noto di voler portare altrove le proprie attività. L’effetto negativo del calo degli scambi commerciali ricade inoltre sulla ricchezza anche degli altri paesi.
Quanto potrà essere spinto l’effetto cambio su cui oggi si stanno concentrando le maggiori pressioni finanziarie?
Dato che la valuta si trova già al di fuori dall’area euro, il cambio è l’elemento più dinamico su cui intervenire per effettuare degli aggiustamenti in grado di sostenere la competitività. La svalutazione del cambio potrebbe arrivare fino al 30% portando a un’ulteriore debolezza rispetto a quella già accumulata dalla sterlina. Il rischio Paese viene scaricato in prima battuta sulla valuta. Sia il mondo dei servizi, che quello della manifattura risentiranno tuttavia dell’uscita dal mercato unico, venendo meno il regime di libero scambio di merci e prodotti. L’aggravio dei dazi sarà solo in parte compensato dalla svalutazione. Data poi la natura del Paese di hub di servizi finanziari, la perdita del passaporto EU per tale attività comporterà un esodo dalla city degli operatori con un’ulteriore riduzione del Pil.

In questo momento quali sono le asset class che potrebbero soffrire di più?
L’impatto in termini di riduzione del Pil derivanti dalla Brexit sarà decrescente per Regno Unito, Eurozona e Stati Uniti. La distanza delle aree dal problema determinerà anche le scelte di investimento conseguenti da fare. L’area più colpita sarà il Regno Unito non solo in termini di cambio ma anche di assets. Guardiamo ad esempio a quanto sta avvenendo per il settore del real estate che attiene ad asset tipicamente interni: si sono già registrati forti riscatti e alcune società hanno già sospeso le redemption dei fondi immobiliari. A fronte della riduzione della sterlina anche il valore degli immobili si riduce per gli stranieri spingendo di fatto gli investitori esteri a valutare altre piazze.
Siamo molti cauti anche per quanto riguarda l’investimento azionario: siamo sotto pesati nell’area Uk, nell’area euro e in misura minore anche in quella americana dove non è tanto l’effetto della Brexit a scoraggiare, quanto piuttosto i prezzi piuttosto “tirati” rispetto agli utili giunti ai massimi storici rispetto al Pil.
I mercanti emergenti non sono ancora ai nostri occhi particolarmente interessanti perché sono ancora alle prese con l’evoluzione del loro modello di sviluppo: è il caso della Cina che è alle prese con un rallentamento dei tassi di crescita. Sul fronte dei cambi, occorre fare attenzione alla sterlina perché ha ancora ampi margini di correzione per contrastare l’effetto Brexit. L’euro è sicuramente più forte contro la sterlina ma più debole contro il dollaro.

Come equilibrare il portafoglio?
La nostra indicazione è di puntare sul dollaro, anche se non ci aspettiamo grossi apprezzamenti, e sull’oro, che potrebbe rimanere sostenuto in questo contesto macro. Gli high yield dell’euro zona, nostro cavallo di battaglia fino a pochi mesi fa, sono diventati più rischiosi, anche se ancora remunerativi, mentre puntiamo in questa fase sulle potenzialità del debito emergente in valute forti per dare pepe al portafoglio: in questo caso infatti il binomio rischio-rendimento è più interessante.

Rosaria Barrile
@rosariabarrile

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