L’età cambia la relazione

Se si potesse utilizzare un termometro per misurare l’evoluzione del private banking negli anni, si noterebbe subito che la colonnina al mercurio salirebbe con inarrestabile costanza, dimostrando che questa industria è in costante crescita. Certo, gli alti e i bassi fanno parte del gioco dei numeri e dei mercati, ma sono proprio i periodi negativi a sottolineare con un tratto ancora più marcato quando ci sono delle risalite, che danno la conferma che gli operatori private stanno facendo un buon lavoro. Storicamente, 2008 e 2011 sono stati gli anni in cui l’industria e, bisogna dire, in generale l’economia, hanno subito dei pesanti contraccolpi, ma per il resto, la situazione del settore è tutt’altro che preoccupante.

Aum al 35%
Per rendersene conto, basta osservare i dati forniti dall’Ufficio studi Aipb. Si può notare, infatti, come a fine 2015, rispetto al medesimo periodo del 2014, gli Asset under management serviti dal private banking hanno raggiunto la quota notevole del 35,3%. La crescita potrebbe essere giudicata esponenziale e quasi insolita, ma, come sempre nella maggior parte dei fenomeni, esiste una spiegazione, basta solo scendere in una analisi più approfondita. Tale variazione degli Aum, infatti, dipende dalla combinazione di tre fattori: la raccolta netta (3,7%), cioè i flussi in entrata nel modello di servizio di Private Banking, l’effetto mercato (1,0%), ovvero l’effetto positivo o negativo dei mercati e, infine, il cambio di perimetro (30,6%), gli Aum serviti da operatori private che sono entrati in Aipb nell’ultimo anno.

Mercato a quota 700 miliardi
Grazie a queste tre componenti combinate, alla fine del 2015 il mercato private è arrivato a controllare 699 miliardi di euro, contro i 517 dell’anno precedente. Nonostante l’industria del private banking sia piuttosto giovane, il suo sviluppo e affermazione proseguono di gran carriera. Dal 2010 al 2015, infatti, la quota degli Aum sopra la soglia dei 500 mila euro è aumentata sensibilmente fino a raggiungere la percentuale del 95,1%.

Il nodo dell’età
Eppure, sebbene in generale la situazione sia buona, sarebbe opportuno soffermarsi su un aspetto in particolare: l’età dei clienti. Infatti, rispetto al 2013, stiamo assistendo a un progressivo invecchiamento della clientela, poiché le persone che hanno più di 74 anni sono passate dal 30,9% al 34,8%, anche se, bisogna dirlo, gli under 34 a fine 2015 sono arrivati al 6,8%, rispetto al 3,8% dell’anno precedente.
Un dato, questo, da tenere d’occhio, in particolare quando si parla di servizi e della loro modalità di erogazione, perché se questo trend verrà mantenuto e i clienti private giovani saranno sempre di più, bisognerà tenere conto che, per forza di cose, la relazione con il banker sarà diversa: non è una novità che, ad esempio, i giovani abbiano un rapporto più privilegiato con la tecnologia rispetto ai più anziani.

Nuova relazione da costruire
Perciò, i professionisti della consulenza dovranno rimanere sempre aggiornati per restare il più possibile al passo con i tempi, anche per essere più competitivi sul mercato. Non dimentichiamo che gli under 34 di oggi sono quei clienti che domani rappresenteranno forse la fetta più ampia del mercato. Non vale dunque la pena, sebbene al presente la loro percentuale sia la più esigua, tralasciare le loro esigenze, anzi è proprio su di loro che bisogna investire, per fidelizzarli e accrescere questa industria che, al momento, promette molto bene.

Bruno Zanaboni, segretario generale di Aipb

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