Verso la voluntary Bis

Man mano che passano i giorni prende sempre più corpo la possibilità di una voluntary disclosure bis. A questo proposito va ricordato che il 31 dicembre 2016 è la data ultima per la notifica degli atti da parte dell’Agenzia delle Entrate, relativamente al provvedimento del 2014.

Il bilancio
Con circa 130mila domande inoltrate dai contribuenti, tale operazione ha consentito l’emersione di 60 miliardi di euro, il cui gettito ha apportato allo Stato un beneficio pari a 4 miliardi, aiutandolo, tra l’altro, a rispettare gli impegni di bilancio verso l’Unione europea. La nuova iniziativa potrebbe portare all’Erario un ulteriore gettito di circa 2 miliardi di euro, permettendo la regolarizzazione dei capitali per gli anni 2015 e 2016.
L’obiettivo della nuova iniziativa sarà far emergere ciò che ancora è nascosto, non solo in Svizzera, ma anche in altri Paesi che sono stati al centro di recenti scandali di grave evasione fiscale. Solo per citarne alcuni, Panama Papers, Vatileaks 2, l’inchiesta sulle polizze rilasciate da Credit Suisse in Liechtenstein e nelle isole Bermuda.

Svizzera nel mirino
Nella lotta contro gli evasori, la Svizzera è da sempre una nazione cruciale per l’Italia: con lo scudo anonimo del 2009-2010 e la voluntary disclosure del 2015, gli italiani hanno regolarizzato complessivamente 164 miliardi di euro, di cui 113 erano nascosti nella Confederazione. Con queste premesse, se sarà proposta una seconda occasione per il rimpatrio di capitali, lo Stato elvetico non mancherà di dare ancora il proprio contributo, soprattutto ora che si avvicina l’entrata a regime dell’accordo di scambio di informazioni con le agenzie fiscali europee (1° gennaio 2017) e dell’accordo di simile natura stipulato lo scorso anno con l’Italia (1° gennaio 2018), che segneranno il tramonto dell’era del segreto bancario. Il dato di fatto su cui si posano più perplessità, e che stimola il Governo a intraprendere la medesima iniziativa del 2015, è che tale ultimo provvedimento non ha fatto emergere tutto ciò che è tuttora occultato all’estero dagli italiani.

Oltre la punta dell’iceberg
Al Fisco italiano continuano ad essere annualmente sottratte imposte nell’ordine di miliardi di euro, a cui però si aggiungono incalcolabili profitti sommersi di attività criminali, come narcotraffico, estorsioni, usura. Quanto è emerso finora, si può dire, è soltanto il capitale che i connazionali hanno portato fuori per evitare la tassazione. Tuttavia, verosimilmente, neanche con una seconda voluntary disclosure emergerà quel capitale di natura illegittima derivante da attività illegali, uscito dal nostro Paese per un problema di liceità. Nell’ombra continuerà ad accrescersi e, se rientrerà, sarà al più mediante riciclaggio di denaro. Per limitare i danni di questo radicato problema, le normative antiriciclaggio Gafi sono ormai applicate in maniera uniforme a livello internazionale da tutti gli operatori finanziari e, in Europa, è in corso di perfezionamento il recepimento della IV Direttiva UE sull’antiriciclaggio, senza considerare le recenti proposte del Governo statunitense che impongono l’individuazione del titolare effettivo finale e la segnalazione di operazioni sospette di riciclaggio, anche per i presunti reati fiscali.

Stretta internazionale
Ciò premesso, è chiaro che l’ipotesi di riapertura della voluntary disclosure si giustifica, innanzitutto, in un contesto internazionale che lascia esigue vie di fuga dei capitali oltreconfine, se non appunto optando per atti non leciti.
Si ricorda, a proposito, che gli accordi internazionali bilaterali, che l’Italia ha stipulato e ratificato con Paesi che tradizionalmente erano ritenuti non collaborativi, sono attualmente a uno stato avanzato di definizione e alcuni, già sopra citati, entreranno a regime nel prossimo biennio. Lo scambio di informazioni automatico di informazioni costituirà un network di strumenti giuridici, a disposizione delle Amministrazioni Finanziarie, talmente ramificato da rendere assai arduo l’occultamento di risorse finanziarie al di là dei confini nazionali.
Sul piano delle motivazioni interne, invece, il Governo si servirà della voluntary disclosure “bis” per favorire i contribuenti Irpef con alcuni sgravi, che richiedono una vota varati un finanziamento a latere per il loro avvio. Sia pur non strutturale, il gettito una tantum della nuova versione della voluntary disclosure coprirà nel 2017 la spesa necessaria, rinviando all’anno successivo, con gli sgravi a regime, la copertura strutturale.

Servono regole chiare
Si auspica che le criticità emerse nei contraddittori per la precedente edizione possano essere mitigate, ad esempio con una definizione puntuale delle modalità di attuazione del nuovo programma e regole interpretative più flessibili, che consentano ad Amministrazione e contribuente di individuare con approccio condiviso la materia imponibile sanzionabile. E forse un giorno, superata ogni urgenza, l’esperienza che l’Amministrazione finanziaria maturerà con la valutazione degli esiti concreti anche della voluntary disclosure “bis” potrà diventare la base per una misura antievasione stabile e strutturale, così come è avvenuto in altri Paesi.

Alessandro Madau

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