Miliardari d’acciaio

Nel 2014, sul numero di novembre, la rivista Harvard Business Review pubblicava l’annuale classifica dei 100 amministratori delegati migliori al mondo. Nessuno stupore che al primo posto ci fosse Jeff Bezos, numero uno del colosso del commercio elettronico Amazon. Stupore, invece, quando scorrendo lo sguardo, al 21esimo posto c’era un italiano: Paolo Rocca, classe ’52, imprenditore dal grosso calibro che, insieme al fratello Gianfelice, guida il gruppo fondato 70 anni fa dal nonno Agostino col marchio Techint e cresciuto fino a diventare un colosso industriale da 30 miliardi di patrimonio e 16 miliardi di giro d’affari.

Business atlantico
Nasce poi Tenaris nel 2002 quando il gruppo Techint decide di raggruppare tutte le sue attività nella produzione di tubi in acciaio in un’unica società ed è dunque il marchio che ha assorbito le attività targate Techint sparse in ogni angolo del mondo, dal Sudamerica agli Stati Uniti, dall’Europa fino alla Cina e al Sudest asiatico. Oggi il gruppo Tenaris SA è il maggior produttore e fornitore a livello globale di tubi e servizi per l’esplorazione e la produzione di petrolio e gas. È quotata al Nyse, nell’indice Ftse Mib della Borsa di Milano, alla Bolsa de Comercio de Buenos Aires e alla Bolsa Méxicana de Valores di Città del Messico. E Paolo Rocca è ceo di Tenaris e presidente di Techint, la multinazionale italo-argentina della siderurgia.

Indagini in corso
Ma sulla famiglia, a settembre 2016, è arrivata la scure della giustizia con i pm che disponevano la perquisizione della cassaforte lussemburghese San Faustin (la holding presieduta da Gianfelice Rocca), attraverso la quale la famiglia milanese controlla la Techint, Tenaris e l’ospedale Humanitas. La vicenda riguardava contratti che Techint ha ricevuto dal gruppo petrolifero brasiliano Petrobras ed è la stessa per cui, come si è saputo un anno fa, Techint stessa e Saipem (gruppo Eni) erano state iscritte nel registro degli indagati in base alla legge 231 sulla responsabilità degli enti. A fine 2016, quindi Gianfelice Rocca viene indagato dalla procura di Milano per l’ipotesi di corruzione internazionale in Brasile insieme al fratello Paolo, al nipote Lodovico e al cugino Roberto Bonatti. Intanto, l’identità esatta dei soci della San Faustin è un segreto ben custodito.

L’opera del nonno

È una delle dinastie industriali maggiori al mondo, sparsa tra Italia e Sudamerica, che controlla un impero di 30 miliardi. E di cui, fino a che non sono arrivate le vicende legate ai fatti di presunta corruzione internazionale, si sapeva abbastanza poco. Di certo i due fratelli devono il loro attuale successo all’opera del nonno, Agostino Rocca, classe 1895, formatosi come ingegnere capo alle acciaierie Dalmine, e considerato con Oscar Sinigaglia uno dei pionieri della siderurgia pubblica italiana. La storia ufficiale del gruppo racconta che Agostino Rocca s’imbarcò per il Sudamerica il giorno di San Faustino. Da qui il nome della holding.

Paolo & Gianfelice

Venendo all’attuale generazione al comando, Paolo Rocca, dopo la laurea in Scienze politiche all’Università degli Studi di Milano, ha ottenuto un master specialistico presso l’Harvard Business School. Con la sua capacità manageriale, ha guidato il gruppo di famiglia nel nuovo millennio, conquistando sempre più spazi di mercato e migliorando, anno dopo anno, i fatturati aziendali, tanto da riuscire a entrare nell’invidiata classifica dei 100 miliardari di Bloomberg, in 95esima posizione, primo degli italiani.
Gianfelice non è da meno. Secondo Forbes 2015 è l’ottavo uomo più ricco d’Italia e il 146° al mondo con un patrimonio di circa 5,2 miliardi di dollari. Laureatosi in Fisica con 110 e lode presso l’Università Statale di Milano, ha conseguito il Program for Management Development presso la Harvard Business School di Boston, dal 2004 al 2012 è stato vicepresidente di Confindustria con delega all’istruzione, prima di acquisire la carica di presidente di Assolombarda, la più importante delle associazioni territoriali con 5.800 imprese aderenti. Il mandato è in scadenza: il prossimo 12 giugno l’assemblea indicherà il suo successore nella persona di Carlo Bonomi, imprenditore del biomedicale, designato nelle scorse settimane dal consigli generale dell’associazione.

Ricchezza offshore
Dall’indagine del settimanale l’Espresso emerge una enorme ragnatela offshore: i trust tirano le fila di una pattuglia di società, quasi tutte con base nel paradiso fiscale delle British Virgin Islands, che a loro volta risultano azioniste di una fondazione olandese. Ed è quest’ultima a controllare la holding San Faustin. Gli schermi fiduciari riconducono ciascuno a un singolo socio o a un intero ramo famigliare. Ci sono i Rocca, ovviamente, cioè i discendenti diretti di Agostino. A Paolo Rocca fa capo per esempio l’Albatross Trust. Poi si trovano gli innumerevoli cugini, i Bonatti e i Pineyro. E tra gli azionisti ci sono anche gli Einaudi. Alcuni eredi di Luigi Einaudi, il grande economista liberale già governatore della Banca d’Italia e poi presidente della Repubblica dal 1948 al 1955. Gli Alliata di Montereale, titolari di un cospicuo pacchetto di titoli San Faustin, sono invece i nipoti di Vittorio Cini, proprietario di un vero impero finanziario e industriale ai tempi del fascismo e poi ancora fino agli anni Sessanta.
La maggioranza del capitale della San Faustin risulta intestato a una fondazione privata olandese, la Rp Stak. Ed è qui che finora si è sempre interrotta la ricerca dei soci in carne e ossa di Tenaris.

Italia marginale nel business
Fondata nel 1948 in Uruguay, un tempo soprannominata la Svizzera del Sudamerica, la San Faustin ha cambiato residenza fiscale più volte, spostandosi sempre in Paesi che fanno del segreto societario la loro forza: da principio Panama, poi le Antille Olandesi, ora il Granducato di Lussemburgo. Quotata a New York, Buenos Aires, Città del Messico e Milano, a Tenaris non resta in realtà granché di italiano se non alcuni stabilimenti, tra cui quello di Dalmine, il più famoso, e il polo ospedaliero Humanitas (si veda box in merito). Vicende giudiziarie a parte, i discendenti di Agostino negli ultimi anni sono stati penalizzati dal crollo del prezzo dell’oro nero, che ha costretto molti operatori del settore a ridurre gli investimenti. Di conseguenza, sono diminuite anche le opportunità d’affari per Tenaris. Il bilancio consolidato della holding San Faustin si è chiuso il 30 giugno scorso con una perdita di 775 milioni di dollari, pari a circa 700 milioni di euro. Ma a maggio del 2016 la società lussemburghese aveva già distribuito 100 milioni di dividendi all’ampia platea dei soci.

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