Svizzera, il primato del private banking è a rischio

La riorganizzazione della presenza geografica non è una novità tra le banche d’affari e le private bank, da tempo alle prese con una revisione della rete con l’obiettivo di eliminare i rami secchi e rilanciare la produttività. Ma i rumors su una possibile chiusura della filiale di Société Générale a Zurigo asssumono un peso differente per due ragioni: si tratterebbe di un improvviso cambio di rotta, dato che solo un anno il gruppo francese aveva affermato di voler crescere nel  private banking sulla piazza zurighese (tanto che il responsabile della filiale, Tobias Wagner, nella seconda metà del 2017 ha assunto una dozzina di banker); in secondo luogo la decisione seguirebbe di un anno la chiusura dell’ufficio di Losanna e di pochi mesi la riduzione del personale a Ginevra.

Segno che la piazza svizzera sta perdendo appeal? A guardare i risultati di bilancio non sembrerebbe: Ubp ha appena annunciato una trimestrale con utili in progresso del 25% rispetto allo scorso anno e il group ceo uscente di Julius Baer, Boris Collardi (nella foto), ha affermato che l’ultimo anno è andato meglio delle previsioni.

Eppure sono tante le private bank che stanno riducendo la propria presenza nei Cantoni (si pensi a Credit Suisse, che andrà avanti con la ristrutturazione fino a fine anno). La Svizzera mantiene il primato nella gestione dei capitali detenuti all’estero, ma la pressione fatta negli ultimi anni da diverse legislazioni come Stati Uniti, Francia e Germania verso i propri concittadini per riportare in patria le ricchezze rischia di modificare la situazione negli anni a venire. Nel suo discorso programmatico dei giorni socrsi, Yves Mirabaud , presidente dell’Associazione delle banche private svizzere, ha criticato il regolatore bancario per aver fatto troppo poco per alleviare la situazione delle banche più piccole dallo tsunami regolamentare degli ultimi anni e più in generale le istituzioni elvetiche per non aver difeso la ricchezza principe del Paese, la finanza.

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