Modello Hub & Spoke

Il futuro di Cassa Lombarda passerà da un’intensa operazione di rafforzamento sia organico, sia attraverso l’aggregazione con un’altra realtà di private banking, family office o Sim e/o da partnership con Sgr. La banca private, controllata dall’istituto svizzero Pkb, ha appena approvato un nuovo piano programmatico al 2020 che vede tra gli obiettivi principali l’aumento della redditività sia tramite una crescita del risparmio gestito sia mediante lo sviluppo di nuove soluzioni di investimento. Parla Filippo Casolari, vice direttore generale di un gruppo che conta su 217 dipendenti e ha masse in gestione superiori a 5 miliardi di euro.

Il contesto di mercato rende sempre più complicata la generazione di ritorni per chi fa private e wealth management. Come fare raccolta e numeri oggi?

Tutto il nostro piano strategico è stato sviluppato alla luce di questo obiettivo. ‘Progetto valore’ è l’etichetta che abbiamo dato alla nostra idea di espansione: raggiungere una dimensione utile per poter stare sul mercato in modo strutturato e continuare ad essere la luxury boutique del private banking.

Su cosa si declina il piano?

Su tre pilastri: reddittività, crescita e efficienza. Il secondo punto, oltre alla crescita per linee interne, riguarda strategie e opportunità di consolidamento con un perimetro allargato: siamo interessati a strategie di asset gathering, ovvero alla raccolta di asset tramite operatori specializzati nel settore come banche, sim di distribuzione e family office. Dall’altra, abbiamo un piano di integrazione verticale (Hub and Spoke) che non ha un obiettivo diretto di crescita di masse e clienti, ma di arricchimento delle nostre competenze distintive. Nel dettaglio si tratta di crescere come producer nel mondo dell’asset management e di sviluppare la tecnologia a supporto del business, trovando opportunità di partnership con fintech. Nel mondo dell’It ci siamo organizzati anche dall’interno, per essere in grado di mettere in campo un’integrazione più efficace. Così, abbiamo assunto un responsabile IT che ci consentirà di accelerare in un eventuale processo di integrazione dato che ci vogliono un lessico comune e la capacità di trasferire e quella di assorbire know how. Investire in competenze e tecnologia: per noi questi sono i fattori di base da cui partire. E la tecnologia dovrà facilitare la relazione dei private banker con i clienti.

A che punto siete con gli accordi di partnership?

Le opportunità più concrete si stanno manifestando sul fronte delle integrazioni verticali dove abbiamo già iniziato un confronto con un soggetto in particolare per una partnership mentre sulla prima parte siamo in fase esplorativa anche se, a livello di gruppo, stiamo valutando una opportunità molto concreta. Il nostro perimetro di scouting è sempre aperto.

Quali sono i numeri della società e gli obiettivi a medio termine?

Lo stock in essere ammonta a poco più di 5 miliardi di euro. Il Piano strategico si chiama Quota 75 perché nella maggior parte degli obiettivi al 2020 ricorre questo numero. Per esempio le masse gestite dovrebbero passare dagli attuali 5 ai 7,5 miliardi, con un return on asset in crescita dai 62-63 punti base attuali ai 75 punti, un rapporto di cost income in discesa dall’87% al 75% e un Cet 1 da 16,7% a 17,5%. Numeri che dovrebbero permettere di raggiungere un utile pari a 8,4 milioni di euro a regime (contro gli 1,8 milioni di fine 2017, in calo del 30%, complice anche l’aumento dei costi operativi, ndr).

Avete appena siglato un accordo di distribuzione con Helvetia Vita. Quali gli obiettivi?

L’intesa è relativa alla distribuzione della polizza multiramo Helvetia MultiProgetto tramite i private banker. Questo accordo amplia il nostro già ricco pacchetto di prodotti assicurativi e ora abbiamo un prodotto che è stato sviluppato appositamente per Cassa Lombarda, nello specifico siamo gestore delegato dei fondi interni assicurativi ramo III.

Per stare sul mercato qual è a suo avviso la dimensione adeguata?

La società Mc Kinsey ha rivisto le sue stime: da 10 mld ora sono 15 mld di euro su scala europea. La nostra dimensione di 7,5 mld è più che sufficiente per essere performanti da un punto di vista di scala.

È costata molto Mifid 2?

Certo, è stato impegnativo dal punto di vista costi, infrastrutture e impegno di persone ma è stato fruttuoso dal punto di vista della crescita delle competenze. Il problema della reddittività legata a Mifid 2 si pone quando non ci sono contenuti di sostanza e servizi di qualità e non è il nostro caso.

I clienti temono il rischio Paese?

In congiunture come quella attuale, sicuramente sì. Ma come detto prima, stiamo gestendo efficacemente il rischio tanto che le performance dei nostri portafogli sono addirittura migliorate.

Vuoi ricevere le notizie di Bluerating direttamente nella tua Inbox? Iscriviti alla nostra newsletter!