Come rimodulare un portafoglio obbligazionario con gli ETF

La prossima riunione della Banca centrale che guida nei fatti l’orientamento della politica monetaria a livello globale, la Federal Reserve americana, è ancora lontana (il 2 maggio), ma la tendenza è segnata. A marzo il neo governatore Jerome Powell ha alzato i tassi d’interesse all’interno del corridoio 1,5%-1,75% e si prevedono altri due rialzi nel corso del 2018.

Gli investitori si trovano dunque ufficialmente in un contesto di tassi al rialzo: una delle situazioni più complesse da gestire soprattutto per un investitore nel reddito fisso. Tipicamente l’aumento del costo del denaro si riflette infatti in una discesa dei prezzi delle obbligazioni.

Diventa allora sempre più d’attualità una domanda: come si fa a proteggere e rimodulare il proprio portafoglio obbligazionario in questa fase?

La contromossa classica di coloro che non vogliono comunque rinunciare a una porzione di reddito fisso in portafoglio è quella di ridurne la durata media o duration. Quando i tassi salgono infatti i bond con scadenze medio-lunghe tendono a perdere molto di più dei titoli con scadenze più brevi, essendo più sensibili alle variazioni dei rendimenti. Diventa in questo senso importante poter contare su uno strumento che renda l’attuazione di tale strategia semplice, efficace e a basso costo, in maniera alquanto più agevole di quanto non accada nel caso della vendita e dell’acquisto di singoli bond nell’ambito della rotazione di un intero portafoglio obbligazionario.

Gli Exchange Traded Fund offrono un’alternativa efficiente perché all’interno di un ETF obbligazionario i titoli vengono periodicamente aggiornati in modo da mantenere la vita residua media delle obbligazioni in portafoglio in linea con l’indice sottostante. Gli ETF con focus sui bond consentono quindi un approccio modulare, nel senso che consentono di attuare precise strategie obbligazionarie sul portafoglio, riadattandolo velocemente in base alle previsioni sul merito creditizio e sulla durata finanziaria (duration). Ad esempio, gli ETF possono essere usati per aumentare o ridurre, a seconda delle prospettive sui tassi d’interesse, il rischio di credito o la duration del portafoglio obbligazionario, che può essere composto anche da singoli titoli e fondi attivi.

L’offerta dei provider di ETF è ampia e differenziata e facilita l’esecuzione di strategie obbligazionarie anche molto sofisticate. Gli investitori possono esporsi a segmenti obbligazionari anche con strumenti di precisione, in grado di isolare specifiche classi di rating, settori e singole curve di Paesi. Gli ETF obbligazionari consentono, quindi, di agire sui medesimi elementi di selezione dei singoli bond, al fine di costruire profili reddituali coerenti con il portafoglio titoli ma semplificandone la gestione in termini di tempo impiegato per la selezione dei bond, grazie al superamento del problema dei lotti minimi (spesso nell’ordine delle decine di migliaia di euro per i titoli obbligazionari) e del rischio non diversificabile (idiosincratico).

Marco Tabanella, ‎Head of Wealth/Retail Segment iShares Italy
Marco Tabanella, ‎Head of Wealth/Retail Segment iShares Italy

La rivoluzione portata dagli ETF fixed income sui mercati dei capitali  – spiega Marco Tabanella, ‎Head of Wealth/Retail Segment iShares Italyha consentito agli investitori di integrare o sostituire ai singoli bond degli strumenti molto liquidi, diversificati ed efficienti dal punto di vista dei costi. Gli investitori hanno potuto negoziare direttamente uno con l’altro senza l’intermediazione di broker e a prezzi trasparenti in ogni momento; ciò ha contribuito a cambiare la natura della price discovery che dal semplice pricing across securities ha aggiunto un ulteriore livello che è quello del pricing across markets, ovvero tra i diversi segmenti obbligazionari, rendendo i mercati sempre più efficienti”.

Non è così un caso che gli ETF obbligazionari abbiano rappresentato nel 2017 una delle categorie a maggiore crescita, con flussi record pari a 157 miliardi di dollari. L’interesse non ha riguardato unicamente i singoli investitori, ma si è estesa anche a chi fa della gestione di portafogli una professione. Come conferma ancora Tabanella: “Assistiamo ad una maggiore adozione di questi strumenti da parte di categorie sempre nuove di investitori: ad esempio sono gli advisors la categoria da cui stiamo ricevendo i segnali più positivi, sia per ragioni di mercato (bassi tassi di interesse e rendimenti attesi contenuti sulle diverse asset class) sia per ragioni regolamentari (Mifid 2 sta spingendo la consulenza fee based in Europa e in un contesto di maggiore trasparenza gli advisor li utilizzano anche per un’esigenza di puro contenimento dei costi). L’uso in combinazione con tradizionali fondi a gestione attiva è quello predominante, data la granularità della gamma prodotti disponibile, sempre più funzionale ad essere impiegata come strumento di precisione per esporsi ai diversi bucket di curva, classi di rating, geografie o settori. La tendenza recente fra gli advisor è quella di combinare diversi ETF obbligazionari in portafogli modello target income, costruiti con l’obiettivo specifico di produrre cedole annualizzate in linea con i target dei diversi profili dei clienti. Lo spazio di crescita per gli ETF obbligazionari è enorme: oggi hanno un peso del 16% sugli asset investiti in ETF a livello globale, ma la penetrazione di questi strumenti sul mercato dei bond si attesta appena sullo 0,8% in US e 0,6% in Europa.

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