Sgr, la rivoluzione è dietro l’angolo

Un calo delle commissioni dei fondi e e le possibili risposte delle sgr a questo fenomeno. Ne parla in questa intervista rilasciata ad ASSET CLASS Mauro Panebianco, partner di Pwc (nella foto) e responsabile della società per i servizi di consulenza al settore dell’asset e wealth management. Panebianco commenta i risultati della ricerca che la sua società ha realizzato sul settore dell’asset management (si veda qui la notizia), in cui si prevede un calo consistente delle commissioni di gestione da qui al 2025.

Perché, dottor Panebianco, c’è questo trend al ribasso delle fee?

Le nostre proiezioni prevedono che, entro il 2025, il total expense ratio (Ter), cioè il livello dei costi in cui incorrono gli investitori in fondi o in Etf, diminuirà di oltre il 22%, avendo già subito un calo del 15.2% negli ultimi anni. Questo fenomeno è stato causato da un insieme di fattori concomitanti, tra i quali annoveriamo un aumento della competizione dovuto a una maggiore innovazione, sia nell’ambito dei prodotti offerti, che nei modelli operativi adoperati. Senza dimenticare l’effetto della Mfid 2, che ha introdotto requisiti di trasparenza più stringenti per i gestori, permettendo ai clienti, specialmente a quelli istituzionali, di negoziare  le commissioni, in modo da ridurle.

Quali assetti avrà il settore del risparmio gestito per affetto del calo delle commissioni?

Sul mercato si rileva una sorta bipolarizzazione tra sue mondi: quello che possiamo definire passivee il  mondo alternative. I prodotti passivi hanno un costo più ridotto per il cliente finale: sia gli investitori istituzionali, sia i risparmiatori retail ne sono attratti a causa della loro trasparenza e delle basse fee di gestione..  Oggi c’è un trend verso commissioni sempre più basse. Lo dimostra la decisione assunta da un grande asset manager nell’ agosto scorso di istituire due fondi indicizzati con fee pari a zero. E lo dimostra pure il lancio di piattaforme Etf senza commissioni di transazione.  Le asset class alternative, che rappresentano il secondo polo del mercato del risparmio gestito internazionale, sono attraenti sia per le case di gestione che ne apprezzano l’elevata marginalità, sia per  gli investitori che beneficiano di rendimenti interessanti.

Non c’è possibilità di stare a metà strada tra questi due poli del mercato?

Le sgr che stanno nella via di mezzo si troveranno dunque a competere in un’arena con due forze: da un lato troviamo gli Etf che, a costi decisamente inferiori, offrono risultati soddisfacenti in termini di rischi e margini. Dall’altro lato, ci saranno sempre più playerche vanno alla ricerca degli alfa tramite asset class innovative, dalle quali si può trarre maggior valore rispetto a quanto se ne ricava dalle asset class tradizionali. In questo contesto, fortemente legato alle economie di scala, chi ha dimensioni maggiori riesce ad avere un’offerta più competitiva rispetto a player di piccole dimensioni. Oltre alla scala, però, il ribasso delle commissioni ha reso necessario per le sgr  un miglioramento del loro target operating model, per preservare i loro attuali margini, migliorare l’efficienza della gestione, produrre alfa e gestire prudentemente i rischi . Un altro trend emerso dalla nostra analisiè la nascita e diffusione di fee sempre più collegate alla performance. C’è poi la crescente offerta di prodotti innovativi come esempio gli Etf  a gestione attiva o gli smart beta, sempre più in linea con gli obiettivi e gli interessi degli investitori.

Dobbiamo aspettarci un ciclo di fusioni e acquisizioni tra le case di gestione?

I dati portano a rispondere di sì. Nel 2017, il valore delle operazioni di M&A nel settore dell’investment management globale ha raggiunto  i 41 miliardi di dollari, un livello significativo e in costante crescita. Nel 2018 il deal makingnell’asset management ha raggiunto il suo picco negli ultimi dieci anni, riflettendo la volontà dei gestori di aumentare la loro scala, acquisire expertise in nuove asset class ed espandersi nei mercati, sia locali che esteri, tramite nuovi canali di distribuzione. In questo contesto, ci aspettiamo un’intensificazione delle attività di fusione e acquisizione, che contribuirà a una riduzione del numero di player nel mercato. Secondo le nostre proiezioni, il numero di fondi comuni d’investimento potrebbe ridursi del 25% entro il 2025. Un’ alternativa più blanda al modello delle fusioni per le sgr è lo sviluppo di partnership con player esteri, per ricercare competenze specialistiche e offrire alla propria clientela asset class innovative che consentano un rendimento tale da difendere la marginalità del prodotto. Infine, c’è un’altra alternativa un po’ più rischiosa alle fusioni.  I gestori di media grandezza possono divenire dei player minoritari. Possono cioè specializzarsi in particolari aree, settori, canali di distribuzione, prodotti o mercati, in particolare se associati ad un modello operativo basato sull’outsourcing delle funzioni non-core. Questa strategia  può permettere ai gestori più piccoli di differenziarsi rispetto ai competitor, garantendosi una posizione sicura nel mercato.

Cosa devono fare invece gli asset manager per ridurre i costi operativi?

Nell’industria dell’asset management la tecnologia sta  gradualmente acquisendo un ruolo primario nell’ottimizzazione dei processi di gestione, nell’abbattimento dei costi e dunque nella preservazione dei margini. In questo contesto, prevediamo che le partnership e le fusioni non avverranno soltanto tra i gestori, ma anchecross-industry, ciè tra player di settori diversi. Un trend significativo tra le società di asset management è per esempio l’acquisizione software houseper il front office in modo da usufruire di piattaforme tecnologiche perfettamente allineate ai loro prodotti e modelli, che permettano dunque di migliorare la customer experience e aumentare le quote di mercato.

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