Crack Patrimonium SIM, 9 anni a Zaccagnini

Dopo oltre quindici anni si è posto un altro punto fermo nella vicenda del fallimento del gruppo di società facenti capo ai fratelli Melloni di Cento (Fe), che ha coinvolto centinaia di risparmiatori che avevano loro affidato i propri investimenti.
La quarta sezione del tribunale di Milano ha infatti condannato Lorenzo Zaccagnini a nove anni di reclusione per i reati di peculato aggravato e continuato, commesso quale Commissario Liquidatore di numerose società operanti nel settore finanziario quali Patrimonium Fiduciaria SPA, Patrimonium Commissionaria SRL, – C.S.F. Centro Servizi Finanziari SRL, Cofeur Centro Coop a r.l., Patrimonium SIM SPA, S.D.F. tra Stefano e Valerio Melloni, Intermediazioni Finanziarie SRL, e falso in scrittura privata.

Ricostruiamo brevemente i fatti che hanno portato alla condanna di Zaccagnini.
Nel lontano 1995 il Tribunale di Ferrara pronunciava il fallimento, dichiarando l’assoggettabilità di tutte le società del “gruppo Melloni” alla procedura di liquidazione coatta amministrativa e si convertiva perciò, tra gli altri, anche il fallimento della Patrimonium SIM s.p.a. in liquidazione coatta amministrativa. Il 12 febbraio 1996 veniva nominato come liquidatore Zaccagnini.
Si costituiva in giudizio in questa fase il Commissario liquidatore, il quale, pur non contestando le domande svolte dagli appellanti, eccepiva in via di rito
la stessa proponibilità e/o procedibilità dell’appello. Al termine di una lunga fase istruttoria, la Corte d’Appello di Bologna emetteva in data 14.1.2002 la sentenza n°50/02, con la quale si accoglieva le domande svolte dai clienti, e condannava la Società in liquidazione a provvedere alla restituzione agli aventi diritto dei titoli loro spettanti, ed al contestuale versamento del loro controvalore in denaro.

Tuttavia, per oltre un decennio, Zaccagnini, a dispetto delle continue segnalazioni provenienti dai legali dei risparmiatori, ha utilizzato ogni mezzo legale per ritardare la riconsegna, appropriandosi inoltre dei beni dei risparmiatori e da lui custoditi.

Il caso ben rappresenta l’incapacità del sistema giuridico italiano di tutelare gli investitori, una mancanza non dovuta all’assenza di norme di legge, ma piuttosto per lo scarso interesse da parte dei soggetti privati e pubblici tenuti ad applicarle.

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