IPB SIM, Marchi è il consulente del mese

40enne, 5 figli, una laurea in economia e commercio a Parma e un passato da promotore finanziario. Sono queste alcune delle informazioni su Antonio Marchi, consulente finanziario di IPB SIM che da inizio anno ha conseguito una raccolta netta positiva. Per questo motivo la società guidata da Roberto Imbriale ha deciso di segnalarlo come miglior consulente del mese.

Come è iniziata la sua esperienza nel mondo finanziario?
Ho iniziato a lavorare in banca subito dopo la laurea, ossia nel ’94-’95 e poi nel 1999 ho deciso di sostenere l’esame per l’abilitazione alla professione di promotore finanziario, carriera che ho intrapreso nel 2000 presso Altinia SIM del gruppo Generali. Nel 2001 avviene l’acquisizione di Altinia Sim e Ina Sim, precedentemente possedute da Alleanza e INA da Banca Generali che porta alla fusione delle tre reti in Banca Generali. In Altinia operavo essenzialmente in un regime di multi-marca. Il passaggio sotto il cappello di Banca Generali ha comportato una maggiore enfatizzazione del brand Generali. Nel 2006 insieme ad alcuni colleghi di Mantova e di Cremona abbiamo deciso di intraprendere la strada della consulenza indipendente. E ne siamo più che soddisfatti. In tale realtà abbiamo avuto la possibilità di vedere valorizzata la nostra professionalità.

A quanto ammontava il suo portafoglio nel momento del passaggio da Banca Generali a IPB SIM?
Ho lasciato un portafoglio di 12 milioni e mezzo di euro e ho deciso di non girare completamente il mio portafoglio, in quanto, io e i miei colleghi ritenevamo, e siamo ancora convinti di questo, che il trasferimento alla consulenza fosse adatto soltanto a determinate tipologie di clienti, con determinate predisposizioni. Per questo ho trasferito soltanto parte del portafoglio, ossia 8 milioni di euro. Devo dire che il passaggio a questa nuova realtà ha consentito un’accelerazione al portafoglio, in quanto avere una visione globale degli asset del ciente ci permette una vera e propria consulenza globale.  Adesso detengo un portafoglio di 30 milioni, che non corrisponde minimamente al portafoglio medio dei promotori finanziari, che quando io ho lasciato nel 2006 era pari a circa 3,5 milioni. Perlomeno in Banca Generali.

Come mai ha scelto di aderire a IPB SIM?
E’ stata una decisione ante-MiFID, in quanto in un contesto normativo nebuloso lPB SIM era l’unica realtà che presentava un modello affascinante e soprattutto consentiva di svolgere liberamente la professione. Mi ha soprattutto entusiasmato l’idea che non fosse collegato a nessuna casa prodotto. Questo consentiva un modulo alternativo di consulenza. Inoltre l’assenza di qualsiasi struttura manageriale, una solida base provvigionale, che permetteva una buona base reddituale sono stati ulteriori elementi a favore di questa realtà. La consulenza prestata in IPB SIM peremtte di guadagnare su tutto il portafoglio del cliente e questo è l’unico modo per avere una remunerazione della mia professionalità.

Oggi i clienti cosa chiedono ai consulenti?
Principalmente tutela del patrimonio. La situazione si è acuita e i clienti vogliono raggiungere una maggiore consapevolezza delle scelte effettuate. Presentano anche una maggiore disponibilità a conoscere che cosa hanno realmente in portafoglio. Sono più propensi a farsi fare delle radiografie, per intenderci. E devo dire che quello che emerge è veramente uno scollamento tra ciò che i clienti pensavano di avere in portafoglio e ciò che realmente detengono. Un caso evidente è stato per quanto riguarda i bond delle banche islandesi. Molti non sapevano di averne in portafoglio e invece si è rivelato un vero e proprio disastro.

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