Mercati – Le regole del gioco sono cambiate

L’umore generale resta cupo. Infatti, sebbene il 64% degli executive abbia dichiarato di essere riuscito a ridurre i costi, il 31% di aver incrementato il fatturato, e più di un terzo di aver riscontrato un ambiente più positivo sul fronte delle acquisizioni strategiche, la maggioranza ha osservato un peggioramento in termini sia di fatturato (58%) che di redditività (56%). Solo il 20% ha osservato dei miglioramenti nel livello di fiducia degli investitori e una percentuale altrettanto limitata ha notato progressi nell’ottenimento di credito o di capitali.

Murphy ha aggiunto “Considerate le pressioni cui queste aziende sono sottoposte, è significativo il fatto che una lieve maggioranza abbia visto migliorare o rimanere stabile il proprio business nel corso degli ultimi 12 mesi. La sfida del management nei prossimi anni sarà quella di agire ancora più rapidamente e con decisione”.

Possiamo dire che il peggio è passato?

Le variazioni rispetto alle risposte fornite a gennaio lasciano presumere che la fase più critica sia passata. In occasione della scorsa indagine, l’82% degli intervistati aveva puntualizzato che l’attenzione era incentrata su tematiche di ristrutturazione, proprio nel tentativo di fare fronte alla recessione, e addirittura il 74% si concentrava esclusivamente nel garantire la sopravvivenza delle operazioni esistenti. 

Percentuali che sono ora calate, assestandosi rispettivamente al 74% e al 65%. Numeri pur sempre elevati, ma associandoli al dato in base al quale la proporzione di aziende pronte a “cogliere i vantaggi offerti dalla recessione per sfruttare nuove opportunità di mercato” è passato dal 59% al 69%, risulta evidente che stiano aumentando anche le imprese che guardano alle occasioni da cogliere.

Pip McCrostie, Global Vice-Chair, Transaction Advisory Services, ha dichiarato “I prezzi di molti asset sono inferiori rispetto a due anni fa e questo favorirà comportamenti opportunistici tra gli acquirenti. Il numero di executive nel nostro sondaggio che intendono effettuare acquisizioni strategiche in nuove aree di business è passato dal 7% in gennaio a quasi un quarto. Considerata la continua relativa scarsità di liquidi, ci aspettiamo strutture di accordi più creative e alternative modalità di finanziamento”.

La liquidità è più limitata

A gennaio più di un quarto degli intervistati aveva affermato che la liquidità non costituiva un problema: un dato che ora è sceso al 18%. Sono invece diminuite le imprese che scelgono di dismettere alcuni asset solo per incrementare la liquidità.

Al contrario, molte società si erano dette pronte a rinegoziare i debiti. Infine, tre quarti degli executive hanno affermato che le loro aziende hanno intrapreso un processo di revisione top-down per quanto riguarda la gestione del capitale d’esercizio e i cash flow.

Murphy ha commentato “Senza un facile accesso al credito, la gestione della liquidità diventa ancor più essenziale – intensificando il focus sui clienti, stringendo il rapporto coi fornitori e rivedendo costantemente la quantità di denaro legata all’infrastruttura”.

Come hanno reagito le aziende nel breve termine?

Nel corso dell’ultimo anno, l’86% degli executive ha accelerato i programmi di taglio dei costi, il 52% ha velocizzato i piani di ristrutturazione e il 40% ha avviato un “significativo programma di riduzione del personale”. Alla domanda su quali fossero i key driver nel breve termine, gli elementi maggiormente citati sono stati la redditività (73%), la strategia di prezzo (55%) e, nel 52% dei casi, il rapporto con la clientela. Sul piano interno il 38% ha affermato di aver previsto un incremento degli investimenti nel rischio.

Opportunità dal punto di vista fiscale

Se il cash management è da ritenersi fondamentale in qualsiasi situazione, va detto che la crisi ha fortemente intensificato la pressione sul flusso di cassa. Eppure, nonostante le tasse rappresentino una delle più pesanti voci nel conto economico, molte aziende non hanno ancora esplorato appieno il ventaglio di strategie per la miglior gestione della cassa dal punto di vista fiscale.

Come spiega Mark Weinberger, Global Vice-Chair Tax Ernst & Young, “La fiscalità consente, potenzialmente a qualsiasi tipo di azienda, un ampio spettro di strategie per preservare, accrescere o massimizzare la liquidità a supporto degli obiettivi di business. Inoltre, con le nuove misure fiscali introdotte dai governi in tutto il mondo, pensate con funzione di incentivo, molte nuove opportunità emergono quasi quotidianamente”.

Se è vero che tali strategie e incentivi possono garantire benefici davvero notevoli, occorre sottolineare che spesso sono sfruttabili solo in periodi ben definiti e brevi. Pertanto, la capacità di valutare ed agire rapidamente è un fattore vitale per il successo.


Cosa accadrà nel lungo termine?

Guardando alla situazione post-recessione, gli intervistati hanno prospettato scenari diversi quali l’espansione verso nuove destinazioni geografiche, un aumentato ricorso alle alleanze strategiche e alle acquisizioni, una maggiore speed-to-market e il disinvestimento delle attività non-core. Norman Lonergan, Global Vice-Chair Advisory, ha commentato “Nel nostro precedente report abbiamo individuato che, contrariamente alle aspettative, la crisi ha effettivamente accelerato la riconfigurazione dei trend. Questo processo è continuato e ora stiamo osservando sempre più aziende con piani finalizzati a modificare radicalmente il loro business”.

Ma quando ci sarà davvero la ripresa?

Le reazioni degli intervistati sono state diverse in merito a questo tipo di previsione: un quarto ritiene che la recessione sia ormai superata, il 42% afferma che alcuni segnali di ripresa dell’economia globale sono già evidenti o lo saranno entro la fine dell’anno, mentre un’importante minoranza (21%) ritiene che non ci sarà alcun segnale positivo almeno fino alla seconda metà del 2010. Alcuni settori poi sono più ottimisti di altri, come nel caso delle Telecomunicazioni, dell’Energia e dell’Oil & Gas, mentre altri preannunciano tempi di ripresa sensibilmente più lenti, come ad esempio l’Asset Management, il Real Estate e il settore Edile. Le risposte date dagli intervistati europei sono risultate più pessimiste rispetto a quelle provenienti da Asia e Americhe.

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