Che fine ha fatto la diversificazione?

Diversificazione. E’ questa la prima regola che un consulente indica ad un cliente prima di affrontare la composizione del portafoglio. E proprio la diversificazione è da sempre cavallo di battaglia per chi offre fondi comuni di investimento: “consentono di focalizzarsi su un mercato o settore senza correre i rischi legati all’investimento in un singolo titolo”. Chi non ha mai sentito (o pronunciato) frasi simili.

Ma spesso la teoria si deve scontrare con la pratica. E nonostante i continui annunci i dati relativi al primo semestre 2009 confermano che la regola della diversificazione non viene applicata. O almeno non come dovrebbe.

Se analizziamo i dati diffusi da Assoreti e relativi al periodo compreso tra gennaio e giugno 2009 emerge una crescente esposizione al mercato azionario (e questo è un bene visto che da tempo si invitano i risparmiatori a tornare in borsa). Nel dettaglio il 25,25% della raccolta totale da inizio anno delle reti ha riguardato prodotti azionari o singoli titoli, contro il 14,72% veicolato in direzione del mondo obbligazionario.

Ma quello che stupisce di più è la prevalenza di investimenti in singole azioni o singoli bond. Quasi il 52% degli investimenti in Borsa riguardano l’acquisto di singoli titoli e non di prodotti legati al mercato azionario. La situazione peggiora se si guarda il mondo delle obbligazioni. Praticamente il 57% degli investimenti è indirizzato in singoli bond e non in fondi o simili.

Se a questi dati aggiungiamo quello relativo alla liquidità che nel primo semestre 2009 ha riguardato il 34,5% della raccolta netta totale delle reti emerge un portafoglio complessivo degli italiano dominato da conti deposito, conti corrente, singole azioni e singoli bond. Siamo sicuri sia questo il portafoglio ideale per beneficiare di un’eventuale ripresa?

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