Consulenza finanziaria – Un miraggio per il Sud Italia?

Il dibattito politico sulla questione meridionale si riflette sul mondo della consulenza finanziaria. E oggi esplode in maniera forte sul fronte assicurativo. Il Sindacato Nazionale Agenti ha lanciato un appello contro il “tentativo delle compagnie di abbandonare le aree meridionali considerate a rischio”.

Secondo lo SNA all’asimmetria sociale, “da sempre penalizzante per i cittadini che vivono e lavorano nelle aree meridionali, non sfugge il servizio assicurativo”. “Il Sindacato Nazionale Agenti non intende assistere passivamente al tentativo di criminalizzare tutti i consumatori meridionali, la grande maggioranza dei quali adotta in assicurazione, così come nella vita quotidiana, comportamenti rispettosi delle regole che costituiscono le radici della civile convivenza”, afferma Enzo Gatto componente dell’Esecutivo Nazionale Sna e responsabile della Commissione Area Mezzogiorno riunitasi il giorno 21 scorso a Caserta, Città considerata emblematica di una Regione simbolo del comportamento “fuggitivo” delle Compagnie di Assicurazione.

“Il comportamento delle Compagnie – aggiunge Gatto – rischia di provocare un aumento della sinistrosità falsa, dovuta all’aumento del parco circolante scoperto di assicurazione e alla diffusione di contrassegni falsi, con la conseguenza che Regioni come Puglia, Campania, Calabria, Basilicata, Sicilia, potrebbero essere presto considerate zone “off limits” dai cittadini delle altre regioni, i quali finirebbero per giudicare più prudente evitare di recarvisi a bordo di un’autovettura o di un automezzo, nel timore di subire danni non risarcibili”.

Nasce da qui la necessità, secondo lo SNA, di monitorare costantemente il numero delle agenzie dei diversi brand presenti sul territorio meridionale, i livelli occupazionali in termini di lavoratori dipendenti e di collaboratori autonomi, l’entità dei portafogli gestiti, la localizzazione e la quantità degli uffici liquidativi. A questo scopo, e non solo, è stato “stato istituito il gruppo di lavoro pilota denominato “agenzia campana” che sarà presto replicato nelle altre Regioni del Mezzogiorno, affinché agenzie, per così dire gemelle, possano adottare analoghe metodologie di lavoro allo scopo di individuare le problematiche territoriali comuni e di ricercare soluzioni efficaci, nel breve – medio termine, per la soluzione delle esigenze più urgenti e significative” si legge nel comunicato diffuso dallo SNA.

Così, mentre si dibatte sul senso o meno di un partito del Sud, nasce un “sindacato del sud” per il mondo assicurativo.

Iniziativa che spinge a riflettere sulla presenza nelle regioni meridionali del mondo della consulenza finanziaria (banche, pf, consulenti indipendenti). Riflessione che non può non partire da dati ufficiali.

Secondo il quaderno di finanza realizzato dalla Consob sul tema consulenza a pagamento, le famiglie residenti nelle regioni del sud hanno una probabilità significativamente più bassa di detenere strumenti o prodotti finanziari rischiosi rispetto a quelle residenti al nord. Non solo. Sempre sulla base della ricerca svolta dall’autorità di vigilanza guidata da Lamberto Cardia, la residenza in una regione del sud, a parità di altri fattori, riduce significativamente la probabilità di ricevere servizi di consulenza, proprio perché avendo un più basso tasso di partecipazione al mercato finanziario, gli abitanti di quest’area del paese hanno minori necessità di ricorrere a servizi di consulenza.

Un tale scenario spiegherebbe, quindi, ad esempio, la forte differenza esistente oggi tra numero di promotori finanziari residenti al nord e numero di pf residenti al sud: 27.205 contro i 14.864 delle regioni meridionali (fonte APF).

Numeri alla mano la risposta dell’asimmetria oggi esistente tra nord e sud sul tema consulenza finanziaria sembra più dovuto ad una carenza di domanda, che non ad un comportamento fuggitivo delle società di consulenza (siano esse reti di promozione finanziaria, banche o, perché no, assicurazioni).

Facile cavalcare l’onda del dibattito politico e avviare iniziative che seguono esclusivamente una logica geografica, ma tutto ciò allontana dalla vera questione oggi esistente quando si parla di servizi di consulenza finanziaria (siano essi legati al mondo bancario o a quello assicurativo): il problema della cultura e dell’educazione finanziaria, da un lato, e quello della ricchezza finanziaria, dall’alto.

Secondo il quaderno di finanza della Consob, la consulenza finanziaria è più diffusa fra le famiglie con un più alto livello di istruzione. In particolare, sulla base dei dati 2008, circa il 29% delle famiglie con un decisore finanziario in possesso del diploma di laurea riceve servizi di consulenza attiva o generica, contro il 16% delle famiglie con un decisore con titolo di studio inferiore. E questo non ha nulla a che vedere con la residenza geografica di un risparmiatore.

Accanto al tema dell’educazione non si deve, poi, dimenticare che gli abitanti delle regioni del Sud devono fare i conti con un minore livello di cosiddetto “capitale sociale” e di fiducia, ovvero gli abitanti delle regioni meridionali sono esposti ad una maggiore variabilità dei redditi da lavoro (cosiddetto background risk) e quindi non sono disposti a tollerare ulteriori forme di rischio quali quelle derivanti dall’esposizione al mercato finanziario. E quindi si trovano più facilmente in condizione di non dover richiedere servizi di consulenza finanziaria ad hoc. 

Solo rispondendo a queste domande si potrà assistere ad uno sviluppo dell’industria della consulenza finanziaria anche nelle regioni meridionali, paragonabile a quanto avviene oggi in molte regioni del nord e del centro Italia.

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