Consulenza, quando la banca perde il cliente

“Lo scopo della definizione di consulenza in materia di investimenti data dalla MiFID comporta la necessità che [omissis] la considerazione delle circostanze del cliente costituisca la base della consulenza stessa”. Ora è evidente che rilevare queste circostanze [omissis] è un’attività complessa ed esigente. Essa comporta l’assunzione di informazioni sul nucleo familiare e sulle relazioni e responsabilità dell’interessato; sulla sua cultura finanziaria ma non solo finanziaria; sulla sua psicologia in relazione a rischi e rendimenti; sul suo patrimonio; sulla sua situazione assicurativa e previdenziale; sui suoi redditi; sul suo stile economico di vita; ecc. Circostanze tutte complesse e mutevoli. In funzione della realizzazione degli scopi della direttiva è necessario garantire che le imprese di investimento che prestano consulenza in materia di investimenti – consulenti indipendenti ed intermediari autorizzati – pongano a disposizione del cliente personale che [omissis] non sia soggetto a rotazioni di incarico così frequenti da impedire la conoscenza personale del cliente.” Chiedo scusa se cito me stesso, ma lo scrivevo lo scorso 23 Ottobre su Postilla (http://ferdinandobruno.postilla.it/2009/10/16/il-cesr-tra-consultazioni-ed-aggiornamenti-in-tema-mifid/).

E’ evidente a tutti che un interlocutore si guadagna la fiducia dell’investitore con un complesso di attività e di comportamenti che si deve sviluppare nel tempo. Il primo incontro certo non basta. Né il secondo. I fatti, la coerenza con le promesse, l’ascolto discreto del cliente, la capacità di rivedere le proprie posizioni quando sorgono motivi ragionevoli per farlo, anche la capacità di tenere le proprie posizioni anche se questo non è “commerciale” ma è seriamente motivato… sono le cararatteristiche che l’investitore cerca e che vaglia anno dopo anno. E sono le caratteristiche che molti investitori sempre meno riscontrano e sempre più rimpiangono quando si recano in banca. Da quando ho aperto il più vecchio dei miei conti correnti, presso uno sportello del mio luogo di residenza, sono cambiati almeno sei responsabili di filiale, sei in vent’anni. Se dovessi focalizzare sugli impiegati ai “borsini” la situazione non credo sarebbe migliore. Tutti gli italiani lo sanno, molti si rassegnano, qualcuno no.

Il punto è: dove cercare la soluzione? Possiamo pensare che la sofisticata gestione del personale del sistema bancario sia disposta a rinunciare ai preziosi strumenti della rotazione per vagliare il personale stesso? Per premiarlo o “punirlo”, per evitare pericolosi legami personali con la realtà locale, per perseguire le politiche organizzative e le periodiche riorganizzazioni? Per rispondere alle esigenze delle fusioni e acquisizioni, per le quali sportelli e intere banche vengono vendute e comprate come buoi al mercato, con tutti gli addetti compresi, tra inni e canti sul legame con la realtà locale? Possiamo pensare che le sofisticatissime realtà della promozione finanziaria e del private banking rispondano a logiche molto diverse?
E’ solo uno dei tanti aspetti che dovrebbero far riflettere sulla necessità di cercare la consulenza nella direzione delle professioni liberali, caratterizzate dalla libertà economica, organizzativa ed intellettuale, dal rapporto elettivo con il cliente, dalla possibilità di un rapporto continuativo nel tempo. Chi ha orecchie per intendere…

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