Consulenti indipendenti – Decalogo 5, La parcella solo dal cliente, il beneficio no

Art. 12
(Regole generali di comportamento)
1. Nella prestazione del servizio di consulenza in materia di investimenti, i consulenti finanziari si
comportano con diligenza, correttezza e trasparenza. Essi, in particolare:
a) forniscono al cliente o potenziale cliente informazioni corrette, chiare, non fuorvianti e
sufficientemente dettagliate affinché il cliente o potenziale cliente possa ragionevolmente
comprendere la natura e le caratteristiche del servizio di consulenza in materia di investimenti e
dello specifico strumento finanziario raccomandato e possa adottare decisioni di investimento
informate;
b) acquisiscono dai clienti o potenziali clienti le informazioni necessarie al fine della loro
classificazione come clienti o potenziali clienti al dettaglio o professionali ed al fine di
raccomandare gli strumenti finanziari adatti al cliente o potenziale cliente;
c) valutano, sulla base delle informazioni acquisite dai clienti, la adeguatezza delle operazioni
raccomandate;
d) istituiscono e mantengono procedure interne e registrazioni idonee;
e) agiscono nell’interesse dei clienti e si astengono dal prestare il servizio di consulenza in materia
di investimenti ogni volta in cui le misure organizzative adottate per la gestione dei conflitti di
interesse con i clienti ovvero tra i clienti non siano sufficienti ad assicurare che il rischio di nuocere
agli interessi dei clienti stessi sia evitato;
f) osservano le disposizioni legislative, regolamentari e i codici di autodisciplina relativi alla loro
attività.
2. Nella prestazione del servizio di consulenza in materia di investimenti i consulenti finanziari non
possono versare o percepire compensi o commissioni oppure fornire o ricevere prestazioni non
monetarie da soggetti diversi dal cliente al quale è reso il servizio.
3. I consulenti finanziari sono tenuti a mantenere la riservatezza sulle informazioni acquisite dai
clienti o dai potenziali clienti o di cui comunque dispongano in ragione della propria attività, salvo
che nei casi previsti dall’articolo 3 ed in ogni altro caso in cui l’ordinamento ne consenta o ne
imponga la rivelazione. E’ comunque vietato l’uso delle suddette informazioni per interessi diversi
da quelli strettamente professionali.

Osservazioni
Aiaf segnala in via generale che “le regole e le procedure poste a carico del consulente paiono (…)
ricalcare il poderoso impianto previsto per le società di intermediazione mobiliare (SIM) che
generalmente abbinano il servizio di consulenza all’offerta di altri servizi finanziari di cui all’art.
1, comma 5, del TUF” e che sotto tale profilo la lettura dell’articolato “induce a dubitare (…) che il
principio di proporzionalità sia stato pienamente ed efficacemente applicato”. In particolare
l’associazione di categoria segnala che “le regole di comportamento di cui all’articolo 12, similari
a quanto previsto per le SIM” appaiono “poco consone alla relazione personale che il consulente
indipendente intrattiene con il proprio cliente: risulta infatti rilevante l’onere aggiuntivo che la
formalizzazione e gestione delle procedure impone al consulente”. Nella medesima prospettiva

AssoFinance rileva che, pur condividendo il fondamento delle regole generali di cui all’art. 12, “il
successivo impianto generale dell’articolato [in particolare il complesso degli articoli 15, 18, 22,
25, 26 e 27] appare particolarmente oneroso per il consulente finanziario che, rispetto ad altre
figure professionali, sembra subire una particolare gravosità di compiti, di adempimenti e di
responsabilità”.

Nafop chiede di prevedere espressamente la possibilità di esternalizzare funzioni operative
essenziali o importanti ovvero servizi o attività, in analogia con quanto previsto per i soggetti
abilitati dagli artt. 20 e 21 del Regolamento in materia di organizzazione e procedure degli
intermediari che prestano servizi di investimento o di gestione collettiva del risparmio, adottato
dalla Banca d’Italia e dalla Consob con provvedimento del 29 ottobre 2007 (di seguito anche “RC”).
In particolare, l’associazione chiede di prevedere che il consulente possa “delegare”, in determinate
aree di analisi o per determinati portafogli di investimento, altri consulenti o comunque altri
soggetti per poter soddisfare richieste provenienti dalla propria clientela, ferma restando la
responsabilità del servizio in capo al consulente.

L’avv. Luciano Pontiroli ritiene opportuno modificare il comma 1, lett. a), nella parte in cui pone
in capo ai consulenti finanziari l’obbligo di fornire al cliente informazioni sufficientemente
dettagliate affinché questi possa “ragionevolmente comprendere la natura e le caratteristiche (…)
dello specifico strumento finanziario raccomandato”; da tale formulazione, infatti, rimarrebbe
esclusa l’ipotesi in cui un consulente finanziario raccomandi più strumenti finanziari in un unico
contesto, e magari anche il ricorso ad un gestore professionale.
Gli avv.ti Luciano Pontiroli e Gianluca Papetti e lo Studio Legale Associato Esini, Esini & Da
Villa osservano che il dovere del consulente di astenersi dalla prestazione del servizio [previsto dal
comma 1, lett. e)], quando le misure organizzative adottate per la gestione dei conflitti di interesse
non siano sufficienti ad evitare il rischio di nuocere ai clienti, risulta privo di base nella norma
primaria ed introduce una discriminazione ingiustificata con il trattamento riservato agli
intermediari.

Nafop, AssoFinance, Iw Bank S.p.A., Zanella & Partners di Andrea Zanella e il sig. Davide
Battista chiedono di precisare se siano esclusi dal divieto di cui al comma 2 i servizi eventualmente
resi al consulente da parte di terzi aventi ad oggetto prestazioni di natura legale, tecnica,
amministrativa, formativa e procedurale, qualora gli stessi siano legati alle fasi che precedono
ovvero seguono la prestazione del servizio di consulenza e non interferiscano direttamente con le
modalità di prestazione delle raccomandazioni di investimento. Iw Bank chiede in particolare di
chiarire se dal novero dei benefici e delle prestazioni che al consulente è fatto divieto di percepire si
debba considerare esclusa la prestazione da parte di terzi (inclusi gli operatori del mercato
mobiliare) di servizi che supportano il consulente nella formulazione delle raccomandazioni ai suoi
clienti, quando l’erogazione di tali servizi avvenga a titolo oneroso (fatto comunque salvo il rispetto
della posizione di neutralità che deve caratterizzare la figura del consulente finanziario). Il sig.
Battista osserva, in particolare, che l’art. 12, comma 2, “colpirebbe irragionevolmente l’uso da
parte del consulente di prestazioni di soggetti terzi anche quando queste siano dirette ad accrescere
il valore e l’utilità di servizio per il cliente”.

Nafop, AssoFinance e il sig. Stelvio Bo chiedono inoltre se il comma 2 della disposizione possa
essere interpretato nel senso che il consulente conserva la facoltà di riconoscere un compenso a
favore di soggetti che svolgono per suo conto attività di segnalazione di clienti. In generale Nafop
chiede di definire secondo quali modalità possa essere esercitata una legittima attività di
promozione della propria professione che coinvolga terze persone nel rispetto della disciplina dei
conflitti di interesse.

Lo Studio Legale Associato Esini, Esini & Da Villa, Adiconsum e l’avv. Gianluca Papetti
osservano, con riguardo alla disciplina degli incentivi, che la disposizione di cui al comma 2 risulta
eccessivamente gravosa ovvero in contrasto con il divieto di gold plating stabilito dall’art. 4 della
Direttiva 2006/73/CEE. Rilevano, inoltre, che la disciplina in questione comporta una ingiustificata
disparità di trattamento nel regime applicabile ai consulenti finanziari persone fisiche, da un lato, e
ai soggetti abilitati, dall’altro. Adiconsum osserva che potrebbe essere opportuna l’adozione di una
disposizione analoga a quella dettata dall’art. 52 del Regolamento Intermediari.
Assoreti osserva che, alla luce del divieto di detenere somme di denaro e strumenti finanziari di
pertinenza dei clienti, “non dovrebbe ritenersi ammissibile il conferimento di procure con cui il
cliente abiliti il consulente ad operare sul suo conto corrente bancario o a impartire ad un
intermediario disposizioni di investimento o di disinvestimento”.

Il sig. Marco Brozzi osserva al contrario che al consulente dovrebbe essere riservata la possibilità
di conferire ordini di acquisto e vendita per conto del cliente.
Italian CFA Society chiede di introdurre una regola che imponga al consulente finanziario di
consegnare ai clienti, nella fase iniziale del rapporto, una copia del codice di autodisciplina che il
consulente si è impegnato a rispettare e di informare il cliente qualora, nel corso del rapporto, non
possa, in determinate circostanze, osservarne le disposizioni.

Valutazioni

Relativamente alla disposizione in esame, si è ritenuto opportuno eliminare il comma 2 al fine di
tener conto della sopravvenuta adozione del DM n. 206/2008 e, in particolare, dell’art. 5, comma 3,
in base al quale “Per la prestazione di consulenza in materia di investimenti gli iscritti all’Albo non
possono percepire alcuna forma di beneficio da soggetti diversi dal cliente al quale è reso il
servizio”. Con riferimento a tale ultima disposizione si ritiene che la stessa non pregiudica la
possibilità per il consulente di avvalersi di prestazioni di natura legale, tecnica, amministrativa, di
aggiornamento professionale erogate a titolo oneroso da terzi, o di acquistare, sempre a titolo
oneroso, beni o servizi strumentali all’esercizio della propria attività, compresi software, analisi e
ricerche utili o necessari alla prestazione del servizio di consulenza. Infatti, gli importi
eventualmente corrisposti dal consulente a terzi per l’erogazione di tali prestazioni sono
qualificabili come costi inerenti alla prestazione del servizio di consulenza.

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