Mai più come prima

Nella prima parte si è temuto che le più grandi banche potessero fallire e tutti gli Stati sono dovuti intervenire per aiutare i grandi gruppi: dagli Stati Uniti che hanno salvato giganti come Merrill Lynch o CitiBank, al Regno Unito dove tutte le più grandi banche sono state sull’orlo del fallimento, nomi come Barclays, Royal Bank of Scotland, alla Germania costretta a salvare banche primarie come Dresner Bank o Commerzbank. Il Lussemburgo si è svenato per non fare fallire Dexia cosi come i francesi per Natixis. In Italia ce la siamo vista brutta per il gruppo UniCredit, ma possiamo dire che tutto è andato per il meglio e oggi diciamo: “tutto bene quel che finisce bene”. Questa rivoluzione ha avuto un effetto forte sulle istituzioni coinvolte, ma ha soprattutto cambiato la cultura e fatto comprendere che il mondo della finanza è sempre più vulnerabile, che la globalizzazione amplifica i rischi, che le certezze del passato legato alla solidità indiscutibile delle banche andava rivista. Alla crisi finanziaria si è aggiunta la crisi di molti strumenti di investimento che sono letteralmente crollati, dalle azioni, ai corporate bond, ai fondi, agli investimenti immobiliari, ai fondi pensione per non parlare dei fondi alternativi o hedge fund. Bernard Madoff è il personaggio finanziario dell’anno, colui che ha dimostrato che i controlli delle autorità finanziarie fanno acqua, che non ci si può fidare dei prospetti informativi, che le istituzioni e le banche che investono miliardi in sistemi di controllo per decenni hanno investito in strumenti assolutamente inaffidabili.
Insomma un vero disastro che ha minato ulteriormente la credibilità delle istituzioni e dei soggetti che dovrebbero proteggere il risparmio. L’unica buona notizia è che ora il livello di coscienza verso i rischi è aumentato e che il mito dell’investimento sicuro non è irrealistico. In questo contesto l’anno 2009 ha visto la crescita del ruolo degli Stati al massimo livello di intervento e l’insediamento di Barack Obama a presidente degli Stati Uniti ha accelerato una presa di posizione congiunta dei potenti della terra contro i sistemi in voga: poche regole, competizione spinta agli eccessi, bonus miliardari per i manager, guadagni enormi per gli azionisti, evasione fiscale legalizzata attraverso un uso crescente di paradisi fiscali. La vittoria dell’amministrazione Obama contro la banca svizzera UBS, che ha aiutato risparmiatori americani a usare soluzioni offshore, ha dato il via a una vera lotta congiunta di tutti i Paesi ai paradisi fiscali, oggi percepiti sempre più in modo negativo e assolutamente da contrastare.
Il principale paradiso fiscale del mondo è la Svizzera e per tutto il secolo scorso ha fatto comodo a tutti avere un centro offshore nel cuore dell’Europa, un centro politicamente neutrale, addirittura multilingue, moderno e accessibile dove le fortune di tutto il mondo convergevano. Dall’Europa, ma anche dall’America Latina, dall’Asia, fino a tutti i ricchi scheicchi arabi e i politicanti sfruttatori dell’Africa.
Il centro mondiale del private banking è così divenuta la Svizzera. Ma se fino a poco tempo fa avere un conto in Svizzera era normale per i potenti del mondo, oggi sempre di più la percezione sta cambiando, un altro muro sta per crollare.
L’Italia ha un ruolo decisivo in questa azione ben supportata da Germania e Francia, ma l’incisività dello scudo fiscale, se pur criticata a ragione per motivi etici, sta avendo un successo enorme e probabilmente otterrà risultati non solo nel breve periodo, ma modificherà sostanzialmente la percezione e l’immagine della Svizzera quale posto sicuro ed efficiente per occultare i conti offshore. E’ più di un momento difficile, è il crollo di un mito circa la presunta efficienza dei private banker svizzeri già fortemente indebolita dai pessimi risultati finanziari e dalla fragile e incoerente politica dello Stato. Ora per la Svizzera si aprono nuove prospettive, un ruolo centrale in Europa per lo sviluppo di nuovi servizi finanziari regolamentati, in un contesto legale che valorizzi le competenze e le strutture di cui dispone. Per gli operatori italiani lo scudo fiscale rappresenta un’opportunità di crescita eccezionale, un treno che passa poche volte e che va colto al volo. La fine del 2009 porterà anche risultati finanziari su quasi tutti i prodotti di investimento di grande soddisfazione, rendimenti dei fondi che superano in certi casi addirittura il 50% negli ultimi dodici mesi, aiutando cosi a dimenticare le batoste del passato. Insomma il 2009 è certamente un anno vissuto pericolosamente, ma la morale è sempre la stessa: nelle congiunture difficili i consulenti bravi e coscienti restano al proprio posto a fianco dei clienti e passata la bufera possono trarre i giusti frutti per la loro azione di assistenza e consulenza.
E’ già successo più volte e sempre, una volta usciti dalla turbolenza, il mercato è cresciuto, con più forza e consapevolezza. Ma non sarà mai più come prima.
Il futuro è rosa e la lezione speriamo sia servita.

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