Mestiere senza pace

La direttiva MiFID prevede per lo svolgimento del servizio di investimento requisiti “leggeri” per chi intenda iniziare/continuare tale professione.
E tutti (o quasi) gli stati membri dell’Unione Europea hanno recepito senze modifiche tali previsioni normative.
In Italia, invece, il legislatore, ed in particolare il Ministero dell’Economia, ha inteso innalzare significativamente l’asticella dei requisiti prevedendo la forma di società per azioni, il minimo di capitale sociale (120.000 euro) previsto per le società per azioni, l’obbligo del collegio sindacale, della revisione contabile del bilancio, oltre ad altri impegnativi requisiti di forma e di sostanza nello svolgimento dell’attività.
Ciò ha determinato una situazione sfavorevole sotto un punto di vista della competizione all’interno del territorio europeo in quanto i consulenti esteri possono offrire il medesimo servizio degli operatori nazionali con costi assai inferiori.
A riequilibrare la situazione è intervenuta una modifica legislativa che con l’introduzione dei comma bis e ter dell’art. 18 del Testo Unico della Finanza ha previsto che, oltre alle SIM e alle persone fisiche iscritte in un apposito albo dei consulenti indipendenti, potessero esercitare l’attività di consulenza anche le srl e le spa non SIM. A più di due anni dall’introduzione della MiFID si attende ancora l’attuazione della disciplina dell’albo dei consulenti indipendenti ed è da poco conclusa la consultazione sul regolamento Consob. Tra le tante regole di condotta che dovranno osservare i consulenti indipendenti (persone fisiche, Srl e SpA non SIM), la bozza esclude la possibilità di offrire “fuori sede” il servizio di consulenza ai soggetti diversi dalle banche, dalle SIM e dalle SGR, quali appunto le persone fisiche, le Srl e le SpA non SIM. In altri termini, qualora la consultazione Consob, dovesse concludersi con tali previsioni, non sarà consentito al consulente professionista svolgere la sua attività a casa del cliente o comunque al di fuori dei propri uffici. Tale modalità oltre ad essere nella prassi naturale, e assai frequente, limiterebbe di molto la possibilità di sviluppare l’attività reintroducendo di fatto condizioni sfavorevoli rispetto alle SIM di consulenza e soprattutto di svantaggio rispetto a quanto avviene negli altri europei.

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