Una filosofia operativa

di Giuseppe De Lucia Lumeno

La recente crisi economica e finanziaria ha riportato al centro dell’operatività bancaria il rapporto personale con il cliente, una relazione considerata fino a poco tempo fa un rapporto “neutro” tra operatori economici entrati in contatto grazie a sofisticati approcci di marketing. Tuttavia, in particolare fuori dai grandi centri metropolitani, la cooperazione bancaria ha mantenuto vivo un costante dialogo fra i soggetti di una rete di rapporti fondati sulla condivisione di valori ed esperienze comuni, dialogo che comprende anche le relazioni tra banche del territorio e soggetti affidati.
Il Credito Popolare, infatti, principale soggetto del localismo bancario in Italia, ha registrato, in tutto l’arco del biennio “di crisi”, andamenti crescenti degli affidamenti, il cui tasso di crescita non è mai sceso al di sotto del 5%, e della raccolta, con il risultato di incrementi “record” non solo per lo spostamento dei fondi dai mercati finanziari ai meno sofisticati prodotti bancari ma, anche e soprattutto, per la maggiore fiducia riconosciuta dai risparmiatori ad imprese nate e cresciute accanto a loro. D’altronde una ripresa economica costruita prevalentemente sulle PMI non può prescindere dal fare affidamento su una rete capillare, solida ed efficace di banche del territorio, aziende di credito profondamente legate ad un’economia di relazioni, radicate nella comunità e sensibili a tutte le istanze che da essa provengono. Le motivazioni sono chiare: le Banche Popolari e gli altri istituti bancari a forte connotazione territoriale, per storia e tradizione, rappresentano una possibile ancora di salvezza delle nostre imprese e le comunità locali hanno immediatamente individuato in queste aziende di credito l’interlocutore di riferimento con il quale dialogare e cooperare per fare fronte alle loro difficoltà. Una reciprocità che trova riscontro in almeno due ordini di argomentazioni che, peraltro, risultano ex post strettamente interconnesse. La prima spiegazione fa riferimento alla teoria economica e poggia sulla distinzione tra modelli di business che differenzia le politiche creditizie di tipo “relazionale” da quelle a matrice “transazionale”. Secondo questo secondo approccio, caratteristico delle banche di investimento, l’operatività della banca si fonda sull’erogazione di crediti destinati ad essere poi inseriti in strumenti cartolari (le ormai famigerate, asset backed securities) da trasferire ad altri intermediari specializzati. Diversa è, invece, la concezione del “relationship banking”, modello caratteristico delle Banche Popolari, secondo il quale l’operatività della banca trova completa realizzazione in rapporti solidi e duraturi tra affidante e affidato: il credito resta nel portafoglio della banca e diviene elemento di un mutuo sostegno i cui aspetti fondamentali sono la conoscenza e la fiducia reciproche. E’ una situazione resa possibile dalla peculiare forma societaria, cooperativa, di queste banche, che rende soggetti (e proprietari) della banca i soci, i clienti, i dipendenti ovvero la comunità locale nel suo complesso. Secondo questa interpretazione, la Banca Popolare può essere considerata come uno dei capisaldi dell’infrastruttura immateriale rappresentata dalla rete di relazioni, orizzontali e verticali, che una comunità è in grado di costruire e consolidare nel tempo, una rete di relazioni che, per le sue caratteristiche, è parte integrante della dotazione di capitale della comunità stessa. Grazie a questa chiave interpretativa è allora ancor più semplice comprendere perché è la “qualità” delle relazioni a fare la differenza, riducendo, ad esempio, l’incentivo a comportamenti opportunistici e migliorando la capacità delle Banche Popolari di leggere e utilizzare le informazioni extra bilancio, spesso ignorate da agenti esterni al territorio, per migliorare l’allocazione del credito, indipendentemente dalle fasi espansive o recessive del ciclo economico.

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