Private equity, troppe regole all’orizzonte

di Aliberti Giancarlo

a crisi che ha colpito i mercati finanziari internazionali ha avuto l’effetto di allontanare mondo della finanza e sistema delle imprese: con la stretta creditizia si è drasticamente ridotta una delle principali fonti di approvvigionamento di risorse finanziarie per le aziende, ossia quella bancaria. In questo scenario, gli operatori di private equity hanno riaffermato con determinazione il proprio ruolo di investitori professionali nel capitale di rischio al fianco di imprenditori e manager, per sostenere anche in una fase di congiuntura economica negativa la crescita di aziende industriali e di servizi e la nascita di nuove realtà imprenditoriali. Il private equity continua a svolgere un importante ruolo di stabilizzatore di sistema, aiutando la crescita dimensionale delle imprese: in Italia gli operatori di private equity dispongono di oltre 10 miliardi di liquidità che potrebbero essere investiti per il rilancio delle nostre aziende. Una recente ricerca di Ernst & Young dimostra che le società partecipate da fondi di private equity hanno una migliore performance reddituale, creano maggiore occupazione e registrano un maggior aumento di ricavi rispetto a società concorrenti quotate in Borsa.  L’industria del private equity è però minacciata da un’eccessiva stretta regolamentare, che colpirebbe anche gli investitori istituzionali – dai fondi pensione alle compagnie assicurative alle fondazioni di beneficenza – che fino ad oggi hanno destinato una quota importante dei propri asset agli investimenti alternativi. E’ infatti in discussione alla Commissione Europea la proposta di Direttiva in materia di “Alternative Investment Fund Managers” (AIFM), che intende regolare gli operatori di private equity e venture capital, gli hedge fund e i fondi immobiliari.
La prima e immediata osservazione è che fondi di private equity ed hedge fund sono profondamente diversi, operano con differenti logiche di investimento e profili di rischio. Comprendiamo gli obiettivi generali della proposta di Direttiva Europea, quali il controllo del rischio sistemico e la necessità di assicurare un’adeguata protezione agli investitori, ma sarebbe auspicabile apportare alcune modifiche in modo da creare condizioni più adeguate e specifiche relativamente ai requisiti di capitale e a quelli degli istituti depositari, alla richiesta di valutazione delle partecipazioni indipendente, ai requisiti in materia di gestione del rischio e della liquidità e alle procedure per la delega di gestione.

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