Perché Draghi non è Obama

di Fabrizio Tedeschi

Obama non molla. La sua sfida alla lobby bancaria prosegue. Non solo vuole (giustamente) la restituzione dei soldi “investiti” dal popolo americano nel salvataggio delle banche, ma propugna una riforma del sistema finanziario che riduca le aree di rischio e di speculazione, il cosiddetto azzardo morale, per evitare il ripetersi di crisi come l’attuale. Il mercato non ha apprezzato i progetti di Obama e ha ripiegato subito di qualche punto. Quello che lascia perplessi è la flessione del mercato delle materie prime, che così ha rivelato la propria natura speculativa, almeno in questo frangente. Ma in cosa consiste questa riforma? In realtà non è altro che un ritorno al passato, a quelle leggi che in tutto il mondo, anche in Italia, furono varate dopo la crisi del ’29 facendo tesoro degli errori del passato. Per gli USA si tratta di tornare al Glass Steagall Act, improvvidamente abrogato da Clinton nel 1999 con l’obiettivo di rilanciare il settore bancario. La stessa cosa si fece da noi con l’abolizione delle leggi bancarie del ’36 e ’38, che separavano nettamente l’attività di banca commerciale da quella di banca di investimento e d’affari. Vi sarà pure un pizzico di demagogia, per dare in pasto al popolo qualche “untore” sul quale scaricare la responsabilità del disastro, ma il principio in sé non può essere considerato sbagliato. La banca fa il proprio mestiere di ricercare il profitto. Se questo proviene più facilmente dal trading o da altre attività di investimento, è ovvio che il banchiere investa laddove guadagni di più. Non può essere criticato per questo. Se le due attività sono separate per legge, allora ogni banca, per la propria specialità, farà il proprio mestiere e soprattutto i rischi di una attività non andranno a colpire l’altra, come avvenuto nel recente passato. La riforma Obama, tutta da scrivere, dovrebbe anche tenere conto della dimensione e del potere politico della singola banca. Non per nulla la Goldman viene spesso chiamata Governman bank: è più potente di tanti governi, forse compete addirittura con quello degli Stati Uniti. In altri settori, quello delle comunicazioni ad esempio, il governo ha imposto limiti per evitare lo strapotere di una sola società.
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