Il 2010 dei pf: anno di svolta o inizio del declino?

La professione di PF non attraversa un momento facile, ma i risultati delle reti italiane continuano ad essere più che positivi: lo testimoniano anche i più recenti dati di Assoreti che fotografano a fine 2009 una crescita patrimoniale del 15,8% (a 229,8 miliardi di euro) rispetto al dicembre 2008, risultato ottenuto in particolare sulla spinta di un incremento del 18,5% del patrimonio dei prodotti di risparmio gestito (salito a 155,3 miliardi, il 67,6% del totale) grazie agli Oicr esteri (+43%) e ai prodotti assicurativi e previdenziali (+13,1%).

 

Insomma, nonostante le difficoltà, le incomprensioni con le mandanti, alcuni casi di cronaca non propriamente edificanti e una certa diffidenza degli investitori dopo mesi di alti e bassi dei mercati finanziari, i PF italiani continuano ad essere un asset prezioso per le banche e le compagnie assicurative che presidiano il mercato italiano. Mercato che resta saldamente in mano a un manipolo di società tra cui spiccano come sempre Banca Fideuram (regina indiscussa, con un patrimonio di 56,110 miliardi), Mediolanum (32,779 miliardi) e Fineco (26,933 miliardi). Nelle posizioni di rincalzo Allianz (22,493 miliardi) e Azimut (13,106 miliardi). 

 

Un gruppo, quello guidato da Pietro Giuliani, che non nasconde, in un’intervista su Advisor, di ritenere il 2010 un anno importante nel quale “faranno la differenza consulenti e gestori di qualità che operano in aziende con modelli chiari e stabili”. Uno scenario che sembra incutere un certo timore ad alcuni utenti di Bluerating, tanto che uno di loro commenta: “Ci si ostina ad essere ottimisti, ma la verità è molto diversa. Il mestiere del promotore è destinato ad un lento declino fino all’estinzione. Tra cinque anni i numeri degli addetti saranno molto, molto inferiori a quelli attuali”.

 

Minori o simili nel numero, i PF non ci stanno a subire passivamente e ancora rilanciano, come Claudio Bracali di Banca Generali e Costantino Nigra di Banca Mediolanum, l’idea di uno “sciopero della contribuzione” che l’Anasf potrebbe promuovere per passare dalle parole ai fatti in tema di doppia imposizione previdenziale e di doppi contributi a Consob e all’Albo. Una “mossa sicuramente azzardata e ardita, ma che almeno avrebbe l’effetto di toccare i portafogli delle disastrate casse in questione” e che potrebbe “sortire qualche effetto”.  

 

Che il mestiere di PF sia in fase di trasformazione sembra del resto convinzione comune anche da parte del management delle mandanti. Così in un’intervista a Soldi Alessandro Foti, amministratore delegato di FinecoBank osserva: i PF dovranno essere “sempre meno collocatori di prodotti, sempre più professionisti. E tra le reti la sfida sarà quella di offrire consulenza senza conflitti di interesse” e in questo senso la rete del gruppo UniCredit pare muoversi, col nuovo progetto Fineco Advice, pensato per consentire ai promotori finanziari “di offrire un servizio di consulenza qualificata ai clienti, nel rispetto delle norme di trasparenza e di adeguatezza vigenti”.

 

E voi come la pensate? I PF italiani dovranno assistere ad una nuova trasformazione della professione nel prossimo futuro, come sembrano credere i vertici di gruppi importanti come Azimut e Fineco che, sia pure con modelli tra loro diversi, paiono dare sempre più spazio alla consulenza rispetto al collocamento? O alla fine ciò che conta sono sempre i numeri della classifica di raccolta e patrimonio, che spesso sottintendono una maggiore o minore redditività dell’attività di collocamento in primis per le mandanti?

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