Promotori: la struttura a piramide non funziona

La discussione sul futuro della promozione e della consulenza finanziaria in Italia trova sempre maggiore eco tra gli utenti della comunità online di Bluerating.com, che prendono a spunto la vicenda dei 50 PF di Banca Mediolanum indagati per sospetta elusione e sulla cui attività la stessa Mediolanum ha avviato un’indagine interna (tra i nomi anche quello di Oscar De Montigny, presidente della Mediolanum Corporate Academy molto vicino al padre-padrone della società, Ennio Doris) per chiedere a gran voce un rinnovamento che non si limiti a operazioni di cosmesi o all’allontanamento di qualche capro espiatorio.

 

“Credo, conoscendo molto bene Mediolanum, che il sistema stia implodendo: troppi promotori, troppi capi, capetti e galoppini” scrive un nostro utente, che aggiunge: “Quello che voleva essere una luce nel  panorama bancario, inizia a pagare la cattiva gestione delle risorse umane, se devono evadere gli “alti manager” e il genero di Ennio evidentemente c’è qualcosa che non va”. Una stilettata che subito provoca la reazione di chi in Mediolanum ci lavora, che ribatte: “Il mondo è pieno di falliti (ma il fallimento non è mai colpa loro) e di invidiosi che non aspettano altro che trovare il difetto in chi ha successo(Ennio Doris), incolpandolo anche di cose che magari non riguardano la sua diretta responsabilità”.

 

Ma al di là della singola società, la realtà che emerge dai commenti dei nostri utenti è quella di un mondo dove sempre più spesso viene messa in discussione la struttura organizzativa stessa e gli uomini preposti al suo controllo: “E’ proprio la struttura delle reti che deve radicalmente cambiare, non è più possibile mantenere pletore di manager fannulloni che, come una casta, prendono fior di provvigioni senza fare nulla” si sfoga un PF che propone: “meno burocrazia e premiare la qualità dell’assistenza ai clienti, nel tempo pagherà”.

 

Il “modello-Mediolanum” è dunque da rivedere? Alcuni ritengono che sia arrivato il momento di farlo perché se è vero come nota un altro professionista che “il PF del 2010 è ancora strutturato come quello degli anni ‘80. Il multi-level creato ad hoc in quegli anni deve cessare” e vanno “madate a casa figure di rendite solo parassitarie” che non avrebbero altro compito se non la “cointeressenza con la mandante a spremere in termini di vendita il PF”. Insomma: “basta chi mangia con il lavoro altrui”. Quanto poi al fatto che “i margini di profitto si riducono nel risparmio gestito”, la soluzione “se non si vuole far diventare il PF venditore di tutto (mutui, leasing carte di credito…) e addio consulenza” è quella di arrivare ad un “reddito in parte variabile (pay out) con parte fissa senza l’intermediazione di figure obsolete (come) i manager che intercettano parte del pay out”. 

 

Per riuscirvi, tuttavia, i commentatori suggeriscono che ci vorrebbe un nuovo organismo rappresentativo: “è ora che una categoria di decine di migliaia di lavoratori professionisti abbia un’associazione che difenda i loro interessi, ad oggi assente quando si parla del loro contratto di lavoro e di variazioni imposte, soprattutto economiche, nonché di soprusi dai cosiddetti manager con il silenzio della banca” conclude il PF di cui sopra. Idea, quella di una nuova associazione o sindacato che si voglia, che trova altri consensi: “Sono perfettamente d’accordo” commenta un collega, “facciamo qualcosa per questi giovani che credono in questo lavoro”.

 

Quindi, “lasciando perdere le sterili polemiche su Mediolanum” e sulle figure dei manager di rete, come suggerisce un altro nostro utente, quali potrebbero essere i passi da compiere, oltre a chiedere una revisione del sistema di incentivazione e dei livelli gerarchici? Una maggiore  formazione della rete, la dotazione di nuovi strumenti per poter realmente offrire consulenza alla clientela, prodotti e servizi più performanti e meno costosi, una politica che premi chi si sforza di far crescere la politica finanziaria in Italia per accrescere la trasparenza e la correttezza dei rapporti tra mandanti, promotori, consulenti e clienti tutti? O basta lasciar fare al mercato e, nel peggiore dei casi, cambiare società come pure alcuni promotori hanno già suggerito? A voi la risposta nel corso del weekend, indirizzando come sempre i vostri commenti qui.

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