Mifid, un fallimento

Tra le centinaia di investitori che hanno affollato la fiera di Francoforte la scorsa settimana, per sentire le opportunità offerte dagli exchange-traded funds sulle miniere d’oro canadesi, era difficile trovare qualcuno convinto che il Mifid, Markets in Financial Instruments Directive, li abbia mai aiutati.
Il Mifid, fondato dalla Commissione Europea nel 2007, fu progettato per tagliare i costi delle transazioni sulle azioni societarie europee, preannunciando un era in cui i privati, o gli investitori retail, avrebbero piazzato negli strumenti finanziari molto più dei loro risparmi, esonerati dal peso delle provvigioni di pensione sul già afflitto budget dei governi europei.
Questo è stato finalizzato rompendo i monopoli dei cambi nazionali e avvantaggiando la concorrenza, come la Chi-X e la Turquoise, per portare all’emersione un modello di business più economico e una tecnologia più rapida.
In questo ambito il Mifid ha avuto successo.
Tre anni fa il London Stock Exchange godeva di un monopolio virtuale negli scambi di azioni Ftse 100, privilegio affondato nel momento stesso in cui la concorrenza ha eroso il mercato dando il via ad una guerra sulle commissioni che ha visto crollare i costi delle transazioni.

Tuttavia, per gli investitori retail convenuti alla fiera tedesca, come Kirsten Meyer-Witting una consulente che fa la trader a sé stessa, i benefici del Mifid non si sono ancora materializzati.
“Il sistema è meno costoso ma non necessariamente per merito del Mifid, che non è in grado di dire cos’è che ha fatto la differenza”.
Un’associazione che rappresenta oltre 29 gruppi di investitori in tutta Europa si spinge ancora più in là.
Guillaume Prache, managing director dell’ European Federation of Investors (EFI), ha affermato che le commissioni di brokerage sono scese per le grandi istituzioni come le banche, ma non per gli investitori retail.
Prache ha aggiunto che i broker al servizio degli investitori retail la maggior parte delle volte mostrano i prezzi degli scambi nazionali, esattamente come quando il Mifid non esisteva.

Parzialmente il problema è educativo: molti broker retail non sono semplicemente avvertiti della portata dei trasferimenti commerciali nel mondo post-Mifid.
Niki Beattie, managing director di Market Structure Practice, una consulente, ha detto: “Io non credo che l’investitore individuale abbia avuto benefici dal Mifid. La Commissione deve fare meglio il suo lavoro nell’educazione degli investitori”. Inoltre, molti brokers di piccole e medie dimensioni, non possono permettersi di costruire delle data feed connection in modo da mostrare i prezzi in maniera globale.
Markus Kienle, un rappresentante della SdK, un’organizzazione che rappresenta i piccoli investitori, ha commentato: “Quando guardi ai risultati ottenuti attraverso l’apporto dei consulenti, si ha l’impressione che il Mifid non abbia fatto un granché”, afferma, “I modelli organizzativi non aiutano a migliorare la qualità della consulenza. Io credo che la trasparenza sia peggiorata rispetto a prima”.

Al contrario Marco Tüngler, managing director di DSW, una grande associazione che rappresenta gli investitori private tedeschi, è convinto del fatto che il Mifid abbia dato dei benefici agli investitori retail, aiutandoli a vedere le commissioni dei brokers delle banche in maniera più esplicita di quanto non fossero prima:
“Ci sono voluti due anni perché la gente lo utilizzasse, ma ora c’è della pressione sui costi, e i clienti sono più pronti a negoziare con le proprie banche”, ha dichiarato.
L’Efi, basata a Bruxelles, sta preparando uno studio che sarà presentato a breve. Il report conterrà il primo esame all’operato del Mifid, in preparazione di una possibile riforma quest’anno.
La banche e i borker sono a loro volta impegnati a Bruxelles per fornire dei consigli su come il Mifid potrebbe essere migliorato.

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